Missioni Consolata - Ottobre 2012

38 MC OTTOBRE 2012 VI, il programma del Concilio doveva svolgersi sullo stesso binario di Giovanni XXIII: fedeltà totale e rinno- vamento coraggioso! NUOVO E PIÙ LUNGO PERCORSO Gli argomenti sottoposti all’esame dei Padri conciliari erano ancora in maggioranza sul tappeto in attesa di essere presi in considerazione. A un certo punto era sembrato che il Papa volesse imprimere un’accelera- zione ai lavori, per non prolungare troppo l’assenza dei vescovi dalle loro Chiese, ma poi è prevalsa la volontà di non correre. Questo momento di riequilibrio pro- grammatico lo si percepiva anche da lontano. È stata una soddisfazione sentire quanto Paolo VI ha detto ai vescovi, in data 29 settembre 1963, inaugurando la se- conda sessione del Concilio, rivolgendosi idealmente a Papa Giovanni XXIII: «Non saranno dimenticate per- ciò da noi le norme che tu, primo Padre di questo Con- cilio, hai per esso sapientemente tracciato», di modo che lo svolgimento del Concilio «proceda con fedele coerenza sui sentieri da te segnati, e possa con l’aiuto di Dio giungere alle mete da te tanto ardentemente de- siderate e sperate». Intanto i lavori erano ripresi e il primo tema studiato riguardava la «Chiesa». Siccome sarebbe troppo lungo esprimere tutti i ricordi personali collegati allo svolgi- mento del Concilio da questo punto fino alla sua con- clusione, dirò soltanto qualche cosa, scegliendo fiore da fiore. Desidero, però, non tralasciare un aspetto di fondamentale interesse riguardante il metodo. Nei la- vori conciliari, dopo la prima sessione, ho notato con piacere che tutti i principali temi erano impostati a grandi linee prima nella costituzione sulla Chiesa e successivamente ripresi e sviluppati in decreti o di- chiarazioni proprie. Metodo che ha facilitato la com- prensione di tutto il messaggio conciliare. SGUARDO SERENO SUL VASTO ORIZZONTE DELLE RELIGIONI Un ricordo forte riguarda l’apertura della Chiesa in campo religioso. Già Paolo VI aveva tracciato un indi- rizzo con l’enciclica Ecclesiam suam , nella quale pro- poneva il «dialogo» come via maestra per garantire i rapporti della Chiesa al suo interno e all’esterno. Quella famosa espressione dell’enciclica «La Chiesa si fa dialogo» di sicuro ha influenzato positivamente i la- vori del Concilio. Ce ne siamo accorti tutti. Non ho più dimenticato la sorpresa e l’entusiasmo (potrei dire an- che la commozione) con cui ho letto la prima volta i nn. 16 e 17 della costituzione Lumen gentium , che trat- tano rispettivamente della «Chiesa e i non cristiani» e del «carattere missionario della Chiesa». Ho dovuto ri- leggere più volte quei testi per convincermi che non stavo sognando. Di colpo ai miei occhi è apparsa una Chiesa aperta con simpatia a tutta l’umanità: «Quelli che non hanno ancora ricevuto il vangelo, in vari modi sono ordinati al Popolo di Dio». Questa affermazione così sicura coinvolgeva anzitutto gli ebrei «popolo al quale furono dati i testamenti e le promesse»; poi «co- loro che riconoscono il Creatore, e tra questi in primo luogo i musulmani»; infine anche quanti «cercano un Dio ignoto nelle ombre e nelle immagini». Ho avuto su- bito l’impressione che il Concilio abbia voluto abbat- tere tutti gli steccati che dividevano l’umanità a causa della religione. A queste espressioni, già per se stesse molto forti, ne seguivano altre addirittura più coinvol- genti per un missionario come me, che aveva consa- crato la vita all’evangelizzazione dei non cristiani: «Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro [nei non cristiani] è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione al Vangelo, e come dato da colui che illu- mina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita». Questo atteggiamento così arioso è stato ripreso e ap- profondito nella dichiarazione Nostra Aetate sulle reli- gioni non cristiane, proponendoci un atteggiamento di rispetto verso tutti e di fiducia nella paternità univer- sale di Dio che «vuole che tutti gli uomini siano salvi». Queste impressioni positive sono state rafforzate in seguito assimilando la dichiarazione Dignitatis huma- nae sulla libertà religiosa, a partire dalla solenne di- chiarazione posta all’inizio del documento: «Questo Concilio vaticano dichiara che la persona umana ha di- © Lothar Wolleh QUANTI VESCOVI? Alla seduta inaugurale l'11 ottobre 1962 pre- sero parte 2540 padri conciliari, quasi i cinque sesti dell'episcopato mondiale. I continenti erano così rappresentati: 1060 eu- ropei (423 italiani, 144 francesi, 87 spagnoli, 59 polacchi, 29 portoghesi); 408 asiatici; 351 africani; 416 nordamericani; 620 sudamericani; 74 dell'Oceania; 129 religiosi. Mancavano, per ovvie ragioni, i vescovi albanesi, lituani, rumeni, molti cecoslovacchi, ungheresi e cinesi. http://it.cathopedia.org/wiki/Concilio_Vaticano_II

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