Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012

80 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2012 Come mai questa sensazione? Devi sapere che solo da pochi decenni erano arrivate, provenienti dal mare, genti diverse che cavalcavano animali enormi, mai visti prima, che schiacciavano chiunque gli si opponesse. Per i popoli del Centro America e in particolare per gli Aztechi, avvenimenti così tragici e violenti indicavano loro che stava per fi- nire la loro storia. La sensazione della disfatta era to- tale, i nostri capi erano incapaci di contrastare l’avan- zata, i nostri giovani pur lottando valorosamente non potevano competere con le armi dei conquistadores e, quel che è peggio, nuove malattie si infiltravano nelle nostre vite eliminando intere comunità. Era il 12 dicembre del 1531 quando avvenne il primo incontro con la Madonna; in pochi de- cenni i nuovi arrivati avevano già distrutto ci- viltà preesistenti, schiavizzando intere popo- lazioni. I cronisti dell’epoca erano tutti con- cordi nel descrivere le loro efferatezze. Tutto questo è vero; va detto però che tra i nuovi arri- vati c’erano delle persone straordinarie che si fecero difensori dei popoli indigeni: i francescani e i domeni- cani furono in prima fila nel denunciare i soprusi e le violenze degli spagnoli, e furono i primi a cogliere la semplicità d’animo della gente amerindia, in grado quindi di accogliere i germi del Vangelo per farlo frut- tificare nella loro vita. Ma al di là di questo, non ci fu una conversione di massa alla proposta evangelica fatta dai missionari. Ci fu grande rispetto e attenzione a ciò che essi proclamavano, ma anche grande difficoltà nell’accettare che il Cristo del Van- gelo, il Dio amore e misericordia, fosse con- traddetto dal comportamento degli usurpatori ispanici. È vero, mancava qualcosa, il vuoto venne riempito dalla figura di Maria. Con lei, che appariva nel conti- nente americano con le fattezze indigene del popolo azteco e quel colore della pelle per il quale la gente umile e semplice la definì immediatamente la « More- nita », si innescò nel Nuovo Mondo un processo di av- vicinamento al messaggio cristiano e, in pochi anni, milioni di messicani accettarono il nuovo credo. Anche tu, però, tribolasti per convincere il ve- scovo di Città del Messico che Colei che ti chie- deva di costruire un tempio sulla collina del Tepeyac fosse davvero la Madre di Dio. Confesso che quando mi presentai al vescovo Juan de Zumarraga, che godeva di una grande fama tra gli in- dios per essere un loro strenuo difensore, provavo un po’ di timore, tant’è vero che chiesi a mio zio Juan Bernardino di accompagnarmi. E come andarono le cose? Dopo diversi colloqui avvenuti sempre a seguito delle apparizioni, mons. Zumarraga voleva un segno, cosa che io mi premurai di chiedere alla «Morenita». Essa mi disse: «Ritorna qui domani e ti sarà dato il segno richiesto dal vescovo, così saranno dissipati tutti i suoi sospetti ed egli presterà fede alle tue parole». Devo anche dire che mio zio aveva contratto una di quelle malattie portate dagli spagnoli; era a letto ammalato ed ero molto preoccupato di questo, tant’è vero che corsi a cercare un medico ed evitai il sentiero del Te- peyac, dove di solito incontravo la Madre di Dio. E poi? Pur avendo cambiato itinerario incontrai la Signora splendente che mi disse: «Sali fino alla sommità del colle, là dove ti avevo affidato il mio messaggio e là troverai una grande quantità di fiori, raccoglili e por- tali qui alla mia presenza». Io salii il colle e, arrivato in cima, vidi un gran numero di rose di Castiglia, sbocciate fuori stagione: eravamo in pieno inverno e le temperature erano particolarmente rigide, ma le rose profumavano in maniera impressionante. Recisi le rose, ne feci dei mazzetti e li misi nella mia tilma, il mantello caratteristico del mio popolo. Quindi mi pre- sentai alla Signora; lei prese le rose in mano e le ri- pose nel mantello dicendomi: «Queste rose costitui- scono il segno che devi portare al vescovo, sono la prova che il messaggio di cui tu sei latore è l’espres- sione della mia volontà». Immagino che sarai corso dal vescovo per mo- strargli quei fiori prodigiosi. Certamente! Quando entrai nel palazzo vescovile, mi si fecero incontro dei servitori che cercavano di impe- dirmi di parlare con lui; ma vedendo ciò che tenevo raccolto nel mantello, corsero ad avvisare mons. Zu- marraga; quando si trovò di fronte a me, lasciai ca- dere il mantello in cui avevo deposto le rose e sul mantello tutti videro che era impressa la veneranda immagine della santissima Vergine Maria Madre di Dio raffigurata con le fattezze del nostro popolo. Immagino la scena: tutti restano stupefatti. È vero. I presenti si misero in ginocchio e il vescovo con le lacrime agli occhi chiese perdono alla Vergine; quindi mi sfilò il mantello e lo depose nella sua cap- pella. Io rimasi suo ospite ed egli mi disse che il giorno seguente saremmo andati a vedere il luogo dove costruire la chiesa. Anche noi oggi di fronte all’immagine di No- stra Signora di Guadalupe restiamo senza pa- role, sia per tutti i simboli aztechi di cui essa è adornata, sia soprattutto per quel delicatis- simo volto meticcio, espressione dei diversi popoli che vivevano in quel momento in Mes- sico, in cui la Madre di Dio sembra quasi rivol- gersi amorevolmente alle persone. Il suo volto mestizo (meticcio) raffigura i due popoli che dopo essersi combattuti sono invitati a incon- trarsi, a fondersi, scambiando le proprie ricchezze spirituali. Messaggio ben recepito dal popolo messicano: una delle piazze più caratteristiche della capi- tale si chiama piazza «Delle Tre Culture» e una lapide ricorda le lotte eroiche dei popoli precolombiani per difendersi dagli usurpatori ispanici: non ci fu né trionfo né sconfitta, ma la dolorosa nascita del popolo meticcio che è il Messico di oggi. Proprio così, Viva la Virgen de Guadalupe patrona de Mexico y de toda America Latina ! Don Mario Bandera - Direttore Missio Novara 4 CHIACCHIERE CON...

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=