Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012

e quindi lo previene (cf Gv 6,61). Egli conosce/sa an- che l’ora suprema della sua morte che s’identifica nel tempo dell’unità col Padre che esprime la totalità del- l’amore «fino alla fine», per cui conoscenza e sa- pienza s’identificano nell’amore e nella relazione esperienziale col Padre (cf Gv 13,1.3). Gesù conosce gli eventi della sua vita e non si lascia vivere da ciò che accade, ma ciò che avviene diventa il teatro della sua coscienza e della sua consapevo- lezza: è lui che guida gli avvenimenti che accadono e non li subisce mai passivamente (cf Gv 18,4). Anche in punto di morte, egli non perde la sua consapevole co- noscenza, ma proprio per questo «sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura» (Gv 19,28), effonde il suo Spirito come in una nuova creazione (cf Gv 19,30). La sua conoscenza/sapere qui raggiunge il suo vertice e spalanca le porte alla Scrit- tura, cioè al criterio di valutazione della vita e degli eventi che la costellano. Anche la morte acquista senso perché sottomessa alla conoscenza del compi- mento della Scrittura, diventando così «pienezza» di vita. L’ACQUA VINO DI CANA E L’ACQUA SANGUE DEL NILO C’è un abisso con l’atteggiamento dell’architriclino che, se si fosse lasciato interrogare dal «vino bello» giunto sulla sua tavola, avrebbe scoperto che esso portava «il vangelo» della novità e, invece di dedicarsi a commentare l’ovvio, si sarebbe interessato a capire «il perché e il modo» di ciò che è accaduto. Forse avrebbe chiamato «i diaconi» e avrebbe chiesto infor- mazioni supplementari e allora, scoprendo che l’ac- qua era stata trasformata in vino, non gli sarebbe stato difficile riandare, con la memoria storica dell’e- sperienza di fede d’Israele, al «principio» della storia, quando il suo popolo poté sperimentare l’irruzione di Dio assistendo al mutamento dell’acqua del Nilo tra- sformata in sangue: «Prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l’acqua che avrai preso dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta» (Es 4,9). L’acqua/sangue del Nilo è anticipo di un altro sangue: quello che avrebbe salvato la vita degli Ebrei, chiusi nelle loro capanne, mentre l’angelo della morte passava nella notte di Pasqua, facendo strage di pri- mogeniti in terra d’Egitto (cf Es 11,4-7). Avrebbe sa- puto e capito che il «segno» antico era solo prefigura- zione del segno nuovo e questi diventava la chiave per capire ciò che stava per cominciare e proiettarlo in un significato storico salvifico di portata universale. Con le nozze di Cana infatti comincia un tempo nuovo, il tempo del Regno, il tempo del Messia. L’architriclino, nonostante presieda lo sposalizio, vive invece avulso dalla Parola di Dio vissuta come appello alla coscienza e alla conoscenza, perché è impanta- nato nella quotidianità della religione come bisogno gratificante per cui non riesce a vedere oltre il confine della sua esperienza piccola e insignificante che ba- nalizza anche il «Mistero» di Dio e la rivoluzione del suo «Vangelo». Seduto al banchetto con compagni di ubriacatura, si limita a chiamare lo sposo e rilevare che nella sala nuziale è entrato un vino «altro», di cui però lui non riesce a percepire la personalità e il senso. Ancora una volta, ieri come oggi, Dio passa, si ferma e compie «segni» travolgenti, ma la religione della tradizione e dell’ovvio usuale non se ne accorge, lasciandolo passare invano. (34 - continua) misteriosi che stanno a guardia del sepolcro vuoto, confessa «non so dove l’hanno posto … il mio Signore» (Gv 20,13). Il suo desiderio di conoscenza del «luogo» non è legata al «posto», ma esclusivamente alla sua relazione con il «mio Signore». In questa afferma- zione affettiva c’è l’esperienza di un’intimità assoluta che esprime lo strazio di non sapere dove sia l’amato. Maria è la donna del cantico che cerca disperata il suo amato e impazzisce finché non lo avrà trovato. È il suo cuore a essere senza «luogo» perché privo del suo amore: «Il mio Signore». Il dolore è così intimo e profondo che anche la presenza di Gesù «in piedi» dietro di lei non è sufficiente perché, quando il cuore è desolato dall’assenza dell’amato o dominato dal desi- derio di trovarlo perché carico di paura per averlo perduto, si perde la cognizione del tempo e della co- noscenza, della speranza e della stessa esperienza: «Non sapeva che fosse Gesù» (Gv 20,14). c) Non rassegnazione, ma pienezza di vita Anche Gesù nel quarto vangelo è esperto di cono- scenza/sapienza perché il fondamento della sua esperienza e della sua visione è il Padre che testimo- nia per lui (cf Gv 5,32; 8,14), essendo «il luogo» fonda- mentale e intimo della propria identità. Il Padre è «il dove» del Figlio (cf Gv 7,28) che non ammette menzo- gna perché la relazione di vita è fondata sulla verità e sulla Parola (cf Gv 8,55; 12,50) che si esprime nella missione (cf Gv 7,28). Gesù, sapendo ciò che c’è nel cuore di ciascuno (cf Gv 2,25) sa anche chi è aperto alla fede che porta al discepolato e chi si chiude in sé fino al tradimento che oscura ogni conoscenza perché accentrato sull’interesse proprio (cf Gv 6,64; 13,11.18). Egli conosce/sa anche riconoscere i figli di Abramo (cf Gv 8,37) in vista della conoscenza delle necessità del popolo di Dio che ha fame e deve essere sfamato (cf Gv 6,6), pur conoscendo la possibilità dello scandalo che non elimina, ma mette in conto perché lo conosce 34 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2012 Così sta scritto # Alexander Ivanov. L’apparizione di Cristo a Maria Maddalena. 1834-1836, olio su tela. The Russian Museum, S. Pietroburgo, Russia.

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