Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2012

12 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2012 AFGHANISTAN forma di indagine giudiziaria, per non parlare di una vera imputa- zione o di una pena per i respon- sabili. DARSI FUOCO PER DISPERAZIONE Sulle donne ricade il drammatico ruolo di essere custodi dell’onore familiare e sono fondamentali per garantire lo status di un uomo. La discriminazione contro le donne e la prossimità tra il sistema di giu- stizia formale e quello informale è messo in luce anche dall’indul- genza delle istituzioni e dalla mancanza di sanzioni in caso di omicidi d’onore. Molto spesso la giustizia sui crimini che riguar- dano l’onore è amministrata dalle jirga o shura . Il governo dovrebbe sistematicamente monitorare le loro pratiche per assicurare che il diritto della persona accusata di offese criminali venga salvaguar- dato anche all’interno di questo sistema informale. Il governo e la comunità internazionale coinvolta nella ricostruzione del paese non hanno, invece, adeguatamente affrontato i meccanismi tradizio- nali nel loro piano di riforma della giustizia. I sistemi come le jirga e le shura non sono in se stesse fuori legge, ma se le decisioni e le pratiche conseguenti rispetto alle donne sono chiaramente discri- minatorie e facilitano la violenza verso di esse, la loro azione non può essere considerata accetta- bile. In questa situazione di insi- curezza e violenza sono in au- mento i suicidi o i tentativi di sui- cidio da parte di giovani donne. Questo è molto spesso un modo per attirare l’attenzione sulla loro vita e la loro drammatica situa- zione: le donne non vogliono mo- rire, ma non trovano altra via per mostrare il loro dramma. Quella di procurarsi la morte è una drammatica realtà per le donne afghane: la maggior parte di loro tenta di suicidarsi cospargendosi di benzina e dandosi fuoco. Ogni anno muiono così 2.300 donne tra i 15 e i 40 anni. SCUOLE FEMMINILI SOTTO ASSEDIO Nonostante le donne abbiano ri- trovato una dignità almeno for- male con il riconoscimento del loro diritto a lavorare, studiare e partecipare alla vita del paese, purtroppo continuano a essere vittime di pregiudizi. Il 60% delle bambine non riesce ancora a an- dare a scuola. Spesso i genitori non capiscono l’importanza dello studio per le figlie femmine e a questo si aggiunge la mancanza o la chiusura di scuole, di inse- gnanti e di materiale didattico. Vidhya Ganesh, direttore dell’U- nicef per l’Afghanistan, fa notare, infatti, che, negli ultimi mesi, molte scuole del paese sono state chiuse a causa delle mi- nacce dei fondamentalisti, inver- tendo quella che era una ten- denza positiva rispetto all’aper- tura di nuove scuole. I fondamentalisti hanno obbligato alla chiusura decine di scuole femminili, a partire dal 2005, quando le milizie talebane hanno cominciato a rientrare nel paese. La maggior parte di quelle scuole, costruite con finanzia- menti degli Stati Uniti, molto dif- ficilmente riapriranno. In alcuni villaggi, tuttavia, le scuole hanno continuato nella clandestinità, nascoste in locali segreti o nelle pensioni, come era successo du- rante il regime dei talebani. «È pericoloso per gli insegnanti ed è pericoloso per le studen- tesse, ma queste scuole clande- stine dimostrano quanta sete di istruzione ci sia nonostante i tale- bani», dice Shukriya Barakzai, una deputata che aveva insegnato in una scuola segreta quando Ka- bul era sotto il controllo talebano negli anni Novanta. «Non è molto diverso da com’era in quegli anni», dice uno dei due fratelli in- segnanti di un villaggio con un’ampia presenza di talebani. «Siamo ben distanti da ogni de- mocrazia o libertà». # A destra : due donne di un po- vero (e freddo) vil- laggio della pro- vincia di Faryab. Sotto : bambini ri- fugiati a Mazar-i- Sharif in una casa senza acqua ed elettricità. # Pagina seguente : la parlamentare Ma- lalai Joya; una se- duta della Loya Jirga, l’assemblea dei capi tribù. © Heba Aly_ R N © Heba Aly_IRIN

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