Missioni Consolata - Aprile 2012

in Parlamento». Suor Marina versa il tè e prepara un vassoio con i dolci «tipici egiziani» sotto- linea. «Viviamo accanto ai mu- sulmani. Per noi non sono stra- nieri, ne noi lo siamo per loro. Certo ci sono dei punti di attrito, ma nei giorni delle rivolte contro Mubarak, a difendere le strade di questo quartiere c’erano, uno accanto all’altro, giovani islamici e cristiani». L’unico nervo sco- perto lo si tocca parlando dell’e- vangelizzazione: «In effetti per chi si converte la vita è tutt’altro che semplice. Se un musulmano diventa cristiano accetta di non vivere più la normalità, ed è co- stretto a lasciare l’Egitto; molti di essi vanno negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, un copto che si converte all’islam non è detto che venga accettato senza pro- blemi. Queste sono situazioni che una buona democrazia po- trebbe risolvere ed è per questo che vorremmo un governo laico. Non vedo perché la reli- gione debba influenzare le deci- sioni politiche, rischiando così di incitare comportamenti discri- minatori». Facendole notare che il partito salafita aspira a intro- durre la Shaaria , la legge isla- mica, risponde: «È giusto difen- dere la democrazia. Quindi, nes- suno deve avere l’obbligo di por- tare il velo». E conclude con una battuta: «Anche se per me non cambierebbe molto. Dato che lo indosso ogni mattina...». DISEGUAGLIANZE La contrapposizione e le discri- minazioni all’interno della so- cietà egiziana sono però visibili e ce ne parla Said Shehata, egi- ziano e da diversi anni profes- sore alla London Metropolitan , autorevole università inglese: «La questione dei cristiani ha ra- dici profonde. Non si applica lo stesso diritto per la costruzione di chiese e moschee: quest’ul- time si possono costruire molto più facilmente. Nelle tensioni tra cristiani e musulmani - continua il professor Shehata - il vecchio regime ha avuto un ruolo impor- tante: la questione religiosa è stata utilizzata per dividere le persone. Questo è avvenuto per far sì che il popolo non si focalizzasse sul regime, ma fosse in- teressato e preoccupato per altre que- stioni. Detto questo, è evi- dente che non c’è uguaglianza tra cristiani e musulmani: solo uno dei 26 go- vernatori egiziani non è un fe- dele dell’islam, solo pochi amba- sciatori sono cristiani e anche le posizioni di governo non sono equamente distribuite. Questi fattori ci portano a dire che c’è una discriminazione anche a li- vello politico nei confronti dei cristiani». Secondo lo studioso il problema «non è stato creato dai musulmani, ma dal regime e la società ora se lo porta dietro. La tensione c’è ancora e l’unica possibilità di risolverla è partire dall’idea che cristiani e musul- mani sono cittadini con eguali diritti». La speranza per la co- struzione di un nuovo Egitto post-rivoluzione passa anche dalla soluzione dei conflitti inter- religiosi. «Entrambe le comunità - conclude il professore - devono essere coinvolte nella stessa mi- sura. Bisogna incentivare le leggi che cancellino ogni tipo di discriminazione e in particolar modo bisogna usare i media e l’educazione perché parlino dei valori comuni invece che di pre- sunte differenze». Cosimo Caridi* EGITTO # A sinistra : Said Shehata, professore alla London Metropolitan Univer- sity. A destra : un recente saggio edito dalla Emi. Sotto : filo spinato ed esercito posizionati in via Mohammed Mahmoud durante gli scontri di novembre 2011. * Cosimo Caridi è del 1982. Il suo amore per il Mediterraneo lo ha por- tato prima in Palestina-Israele e poi in Egitto, a seguire le rivoluzioni arabe. Scrive, fotografa, filma.

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