Missioni Consolata - Ottobre 2010

Sarkozy, uscendo dal tradizio- nale favoritismo verso i paesi francofoni, ha già assicurato il suo appoggio, salvo un compor- tamento «comprensivo e giudi- zioso» verso la Total-Elf che deve rinnovare le sue conces- sioni. Stesso atteggiamento di Stati Uniti e Gran Bretagna. Goodluck Jonathan quindi ora deve scegliere rispondendo alla domanda per lui obbligatoria: al- l'Onu conta di più il carrozzone occidentale (che comprende an- che l'Italia, interessatissima a conservare le concessioni del- l'Eni) o quello ancora più sgan- gherato che riesce a mettere in piedi la Cina (in questo senso ancora assai naif e imprepa- rata)? TIGRI A CONFRONTO Ma non solo il piano cinese ha messo in allerta le compagnie indiane che già operano in Nige- ria. Prima fra tutte la Ongc Mit- tal Energy (Omel), il consorzio creato dalla società statale Oil and Natural Gas Corporation (compagnia petrolifera statale indiana) e il gruppo Mittal. La Omel nel dicembre scorso aveva avuto l'assicurazione dai nige- riani che avrebbe avuto l'appalto per la costruzione degli impianti e aveva già avviato studi di fatti- bilità e contattato altri possibili partner nel consorzio, investitori locali come l'African Petrolium e l'Oando. Per altro, prima del nuovo ac- cordo con i cinesi, gli stessi ni- geriani del Nnpc, avevano soste- nuto che erano interessati a partecipare al trust : la Cina Tianjin Energy Resources, la Total e l'Eni. Insomma con una certa spregiu- dicatezza Abuja e i suoi funzio- nari hanno venduto due volte le stesse concessioni. Ma i cinesi sono più intraprendenti e disin- volti degli indiani e, per preve- nire le critiche sul loro scarso impegno nel sociale, hanno aperto a Lekki Free Trade Zone scuole dove insegnano ai bam- bini nigeriani il mandarino, ideo- grammi compresi. Ma lo straor- dinario è che a lanciare lo slogan «dobbiamo parlare la stessa lin- gua» è stato il governatore del Lagos State, Babatunde Fashola, dimostrando così la sua scelta di campo, cosa che ha fatto infu- riare ulteriormente gli indiani. Sul campo del più grande dei leoni africani (a parte il Suda- frica) si gioca quindi la partita asiatica, giacché ora sul conti- nente nero si affacciano non solo i vecchi protagonisti, ma ce ne sono di nuovi come la Malesia, il Vietnam, la Corea del Sud, pronti al gioco duro. DIRITTI, COSA SONO? Abbiamo criticato per anni le multinazionali occidentali per la loro politica spregiudicata verso l'ambiente, i diritti umani e quelli del lavoro. Ma il loro comporta- mento, disinvolto e disinibito, è poca cosa se si confronta con quello delle tigri asiatiche pronte a rincorrere solo i profitti. La dif- ferenza è che in Occidente esiste un'opinione pubblica cui concor- rono i mezzi di informazione più o meno liberi e indipendenti che, in parte, frena la corsa all'accapar- ramento del denaro. In Cina non c'è nulla di questo genere e non esiste neppure un'opinione pubblica in grado di condizionare le scelte del go- verno e dei grandi potentati eco- nomici che fanno della Repub- blica Popolare uno dei peggiori paesi capitalisti del mondo. In particolare poi desta una certa preoccupazione in Occidente la decisione della Cina di impe- gnarsi in Africa nel settore dei media, la cui situazione in molti Paesi del continente è precaria. «Cosa può insegnare la Cina al- l'Africa - si chiede Patrick Smith direttore della prestigiosa rivista specializzata Africa Confidential - se non come tenere al guinza- glio e imbavagliare la stampa?». Per Reporter Senza Frontiere la presenza di Pechino nel settore è solo «tossica per la democra- zia». L'organizzazione per la di- fesa dell'informazione racconta poi del dono fatto dai cinesi al dittatore dello Zimbabwe, Robert Mugabe, di un grande apparato radio il cui fine era quello di bloccare le trasmissioni dell'e- mittente dell'opposizione du- rante la campagna elettorale per le legislative del 2005. Nel 2006 nella capitale cinese durante il forum sulla cooperazione sino- africana è stato organizzato un corso per la formazione di gior- nalisti. «Ci hanno insegnato come fare propaganda per i no- stri governi che non dovevano mai essere criticati - racconta un collega che era presente -. Du- rante una delle sessioni si è par- lato anche di Taiwan. Niente do- mande su quello che è stato pre- sentato come uno stato diabo- lico». Massimo A. Alberizzi NIGERIA # Waibite Amazi, un pescatore nella zona del Delta del Niger, ricca in petrolio e resa instabile dalla guerrigila.

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