Missioni Consolata - Ottobre 2010

dello sviluppo indiano e le sue potenzialità. Akash Joshi, gior- nalista finanziario, è responsa- bile delle pagine degli investi- menti del quotidiano economico Financial Express , pubblicato a Bombay. «Nel 1947 quando l’In- dia ottenne l’indipendenza, il go- verno decise per un sistema economico misto, a guida socia- lista. Il nucleo del sistema pro- duttivo erano grandi aziende pubbliche in cui il governo inve- stiva pesantemente con un pro- posito dichiarato di giustizia so- ciale. Nel 1982 il paese si ritrovò sull'orlo della bancarotta, con soli tre mesi di riserve valutarie. Costretto a chiedere prestiti, il governo dovette allentare molte delle restrizioni agli investimenti di capitale delle compagnie pri- vate e molte aziende pubbliche si avviarono alla chiusura. La crescita dell’ information techno- logy portò all’affermazione di grandi gruppi con immensi capi- tali che aiutarono l’espansione del mercato, attirandovi nuovi attori e protagonisti. Dal 1992 al 2008 l’India ha visto crescere le sue riserve in modo consistente. La rupia si è rafforzata e negli ultimi anni il governo ha libera- lizzato l’acquisto di aziende, ma mantiene ancora il controllo milioni gli utenti, che crescono al ritmo di 20 milioni al mese e il telefonino è oggi strumento pri- vilegiato del business , indispen- sabile in molti settori e aree. Tra i primi ad averne capito l'utilità, le cooperative agricole che pos- sono meglio indirizzare la pro- duzione verso i mercati più profi- cui, e i pescatori che lo usano in network per coprire le aree di pesca migliori e scaricare le reti nei porti più redditizi al mo- mento. Il dinamismo è un altro ele- mento innovativo nel panorama indiano. «Per un decennio (quello 1990-2000) l’economia indiana ha vissuto di un settore dei servizi legato all’ information technology (2) che generava il 50% della ricchezza nazionale, snobbando il settore manifattu- riero, mentre all’esterno l’India dava di sé un’immagine di ineffi- cienza, eccessiva burocrazia e sottosviluppo», dice l’economi- sta Prem Shankar Jha. Poi, quasi improvvisamente, la mu- sica è cambiata e grandi gruppi industriali e tecnologici, come Honda, Nokia, Hewlett-Packard hanno iniziato a trasferire qui impianti produttivi e il settore manifatturiero è cresciuto a ritmi superiori al 10 per cento annuo, facendo da volano allo sviluppo record dell'economia, previsto per quest'anno post- crisi superiore al 7 per cento. Record autoreferenziali, in un certo senso, perché sul piano globale, l’India resta quella che è: un paese con potenzialità e velleità da potenza economica, ancora nella morsa del sottosvi- luppo. Date le condizioni di base, se mai dovesse avviarsi una vera competizione, la strada per rag- giungere il colosso cinese sarà lunga. Oggi in India l’industria copre solo il 17% del prodotto in- terno lordo, contro il 55% della Cina. Questo è in parte il risul- tato della mancanza di volontà politica di costruire un settore industriale moderno. I mercati dell’India sono invasi di beni ci- nesi, più che competitivi, e non viceversa. Occorre fare un passo indietro per comprendere il meccanismo della difesa, delle infrastrutture, di parte dei media. Fenomeno recente, abbiamo visto aziende indiane acquistare aziende stra- niere per un valore di decine di miliardi di dollari. Il risultato è che l’economia indiana sta cre- scendo a un ritmo sostenuto e stiamo assistendo anche a cam- biamenti culturali profondi». OTTOBRE 2010 MC 25 MC ARTICOLI # Giovane venditrice in un mercato di Calcutta. # Stato di Orissa: marcia di protesta dei cristiani, da tempo pesantemente minacciati dai fondamentalisti hindu.

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