Missioni Consolata - Dicembre 2009

turali sono aumentate. Si fa di necessità virtù e nuovi va- lori si impongono alla base delle scelte vacanziere. Responsabile di cosa? Il turismo, gradualmente, diventa più responsabile. L’era delle vacanze fatte di sole,mare e divertimento sfrenato sembra in declino. La quota di coloro che mostrano interesse verso gli aspetti ecologici e sociali delle proprie vacanze cresce: in Francia,Gran Bretagna e Germania un turista su due si dice attento alle conseguenze prodotte dalle proprie vacanze sulle mete visitate e un’in- dagine Isnart (Istituto nazionale ri- cerche turistiche) del 2009 attribui- sce all’85% degli italiani un interesse per il turismo «responsabile». Sono stimati in 5 mila in Italia e 100 mila in Francia, i viaggiatori che nel 2008 hanno scelto un tour re- sponsabile organizzato.Molti di più sono probabilmente i viaggiatori «fai da te» che sfuggono alle statisti- che e si avventurano da soli su rotte «solidali». Secondo una definizione da ma- nuale dell’Associazione Italiana Turi- smo Responsabile (Aitr), il turismo è responsabile «se attuato secondo principi di giustizia sociale ed eco- nomica, nel pieno rispetto dell’am- biente e delle culture». «Questa forma di turismo - spiega Maurizio Davolio, presidente di Aitr - nasce con l’obiettivo di favorire uno sviluppo diverso, in cui la comunità locale diventi protagonista. Le ven- ga cioè riconosciuta la sovranità in merito allo sviluppo turistico del proprio territorio e possa beneficia- re delle ricadute economiche, sociali e occupazionali generate dal feno- meno turistico». L’aggettivo «responsabile», accan- to alla parola turismo, si collega però a una lunga tradizione. Turismo devastante A puntare per primo il dito con- tro il turismo su scala industriale è stato il Consiglio Mondiale delle Chiese, patrocinatore, nel 1970, di un meeting in Germania sul «turi- smo critico». È stato il primo di una serie di conferenze in cui si sono saldate alleanze tra intellettuali, missionari, giornalisti, ecologisti, pacifisti e popoli indigeni, tutti con- vinti del fatto che, per conoscere un paese, la sua natura e la sua gente, ci fossero altri modi di viaggiare, meno dannosi e più genuini di un resort «tutto incluso». La protesta nasce negli anni d’oro della fede nello sviluppo indotto, se- condo la quale se i paesi poveri vo- levano «crescere», raggiungendo al- ti standard di benessere materiale, dovevano imitare quelli già ricchi: installare industrie e aprirsi al com- mercio, ricorrendomagari ai prestiti della Banca Mondiale. Gli effetti di questa ricetta applica- ta al turismo in Africa,Asia e Ameri- ca Latina sono stati devastanti. I grandi alberghi spuntati ai Caraibi o nelle savane africane sono diventati nuovi strumenti di colonizzazione. La proprietà e la gestione delle MC DICEMBRE 2009 59 T urismoèsinonimodi globalizza- zione enonc’èpaesechesia ri- masto estraneoal fenomeno.Si appoggiaaconquiste tecnologiche ca- paci di frantumare ledistanze (voli low cost e internet). Favorisce, secondo alcuni, il dialogo tra culture. Il turi- smo genera un sesto della ricchezza globale e dà lavoro, negli alberghi, nei ristoranti, nelle agenzie di viag- gio, a una persona su dieci nel mon- do. Cresce senza sosta. Se nel 1950 i viaggiatori interna- zionali erano 25 milioni, oggi sfiora- no il miliardo: come a dire che una persona su sei, in un anno, passa i confini di uno stato diverso da quello di residenza alla ricerca di svago, riposo o ispirato da interessi culturali. Se letto in chiave econo- mica, il turismo mondiale macina record positivi da vent’anni o alme- no così è stato fino alla recente crisi che ha raffreddato le aspettative del settore. Le stime dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (Omt, agenzia dell’Onu) sul turismo internazionale sono negative per il 2009 (-3%) e in- ducono a rispolverare un vecchio a- dagio: «Viaggia solo chi se lo può permettere».Non è banale ricordare che il «diritto» alla vacanza, per quanto diffuso, resta legato al mer- cato del lavoro in cui ci si trova: ser- vono tempo e soldi da spendere per trasformarsi in turisti e le ferie paga- te, per milioni di lavoratori, non sono un bene scontato. La stessa Unione Europea, nel 2005, constatava come solo il 40% dei suoi cittadini si concedesse «l’o- zio turistico» e appena un 10% viag- giasse al di fuori dei confini comuni- tari. La crisi economica ha fatto il re- sto, accelerando la «rivoluzione sotto l’ombrellone» che cambierà il nostromodo di intendere il viaggio. Il primo segnale è arrivato que- st’anno: in Italia le vacanze brevi (fi- no a tre giorni), distribuite lungo i dodici mesi, hanno superato le tradi- zionali ferie estive. Inoltre si preferi- sce prenotare on line, si cercano sog- giorni sumisura, adatti alle proprie esigenze e lontani dalla frenesia quotidiana; si stanno riscoprendo le bellezze locali e le visite ai parchi na- DECALOGO PER UN TURISTA PIÙ RESPONSABILE 1) Informati sul Paese che vuoi visitare: storia, economia, cultu- ra, religione. 2) Adattati alle condizioni del luo- go, senza imporre le tue abitudi- ni di vita. 3) Preferisci l’artigianato locale, porterai a casa dei “veri” ricordi. 4) Il mondo è bello perché vario: instaura rapporti corretti e cor- diali con la popolazione locale, senza pregiudizi. 5) Scegli trasporti e strutture ri- cettive gestiti dalla popolazione locale. 6) Non prendere souvenir dagli ambienti naturali e dai siti ar- cheologici. 7) Chiudi rubinetti e luci quando esci dall’hotel: aiuterai a non sprecare energia. 8) Divertiti a provare la cucina locale. 9) Le persone non sono parte del paesaggio. Chiedi il permes- so prima di far loro delle foto. 10) Quando torni a casa rifletti su ciò che hai conosciuto. Se hai preso impegni con la gente del luogo (invio di cartoline, foto, ecc.) cerca di mantenerli. Pagina a fianco: turisti «responsabili» ammirano una moschea in Senegal. MISSIONI CONSOLATA

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