Missioni Consolata - Settembre 2009

62 MC SETTEMBRE 2009 MESSICO sistema che rappresentano, stanno smembrando e vendendo a quarti alla macelleria del mercato questa terra di rivoluzionari, abitata per lar- ga parte da popolazioni indigene. Le nuove frontiere della ricchezza non sono più i grandi appezzamenti a- gricoli dove venivano a schiavizzare i peones per massimizzare guadagno e rendimento.Più sguaiatamente, la terra di Zapata oggi serve a fare campi da golf, centri commerciali, migliaia di casette a schiera dai colo- ri pastello e dai muri di cartone,per allettare i vicini cittadini col sogno della casa full confort poco fuori dal- la metropoli.Chi abita da sempre questi territori non è consultato né rispettato.Così come non lo è il fragi- le equilibrio naturale di uno degli ul- timi ecosistemi integri della regione. Uno sfruttamento selvaggio - un e- cocidio - che sta avvelenando falde acquifere ed uccidendo specie ani- mali. E che prevede il violento de- splazamento (allontanamento coat- to) degli indigeni contadini, coltiva- tori di mais. Non è che a noi suoni tanto strano, perché è quello che anche in Italia succede di continuo: ecomostri, ca- sette «schierate», che nascono come funghi e che in effetti non rispondo- no ad una reale richiesta abitativa, «figliolo, un giorno qui era tutta campagna...» ed ora è centro com- merciale... Però Zapata è Zapata. Il simbolo della rivoluzionemessicana è l’espressione anche di altro, che non èmorto con lui e che era nato molto tempo prima: gli indigeni. Lo stato di Morelos vanta una for- te presenza di indigeni, in particola- re di etnia nahua . Lo stesso Zapata parlava nahuatl .Gli indigeni contadi- ni, gli «uomini di mais», come essi stessi si definiscono perché esperti coltivatori di questa pianta, erano al suo fianco allora,per difendere le lo- ro terre dai loro sfruttatori; prima, a- vevano fieramente combattuto i conquistadores spagnoli in difesa della loro cultura. E anche oggi con- tinuano con altre rivoluzioni. Loro, i nahua ,discendenti dagli az- techi, dicono: «Dalla nostra Madre L ostatodiMorelosdistaun centi- naiodi chilometridaCittàdel Messico. Èunodegli statipiùpic- coli delpaese,coni suoiduemilionidi a- bitanti. Qui, l’8 agosto del 1883 - o forse nel ’73 - nacque Emiliano Zapata, a SanMiguel Villa de Ayala. Fu proprio dalla sua terra,da questi spazi larghi che alternano deserto a foreste, che meno di trent’anni dopo - omeno di quaranta, a seconda - Zapata,dive- nuto generale, fece partire la rivolu- zione agraria, che distribuiva terre ai contadini e attaccava al cuore il la- tifondismo asservito al dittatore Por- firio Diaz. Era il 1910. Un secolo dopo a Morelos si stan- no ricostituendo i latifondi contro i quali aveva lottato Emiliano Zapata. Questa volta la mano è quella delle immobiliarie e dei ricchi imprendito- ri, avallati dalle istituzioni locali e sta- tali. La politica di stampo dichiarata- mente neoliberista del presidente conservatore - del «Partito di Azione nazionale» (Pan) - Felipe Calderon, ha dato carta bianca ai governatori del Morelos, che oggi sonoMarco A- dame Castillo e Jesús Giles. Essi e il Sopra: la cascata di Bedoya, uno degli angoli incontaminati del territorio nahua. Pagina accanto: una sorridente abitante di Xoxocotla.

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