Missioni Consolata - Maggio 2008

22 MC MAGGIO 2008 P rima di iniziare a descrivere il nuovo personaggio che entra in scena, è utile fare una breve sintesi di tutto quello che abbiamo riflettuto fino a qui, per riuscire a cogliere la novità di questo «figlio maggiore» (spiegheremo più avanti il vero senso di questa impreci- sa traduzione) che è essenziale ai fini narrativi. I L SABATO O LA PERSONA ? Con il v. 25 inizia la seconda parte della seconda para- bola di Lc 15, cioè, il prolungamento della parabola del «figliol prodigo» vera e propria che si conclude con il v. 24. Abbiamo già insistito precedentemente, spiegando che Lc 15 si compone di due parabole che hanno per protagonisti il pastore e la pecora da un lato (vv. 4-7) e il padre con il figlio minore dall’altro (vv. 11-24). Le due parabole hanno lo stesso insegnamento: pastore e pa- dre non guardano al loro interesse e al loro benessere, ma mettono a rischio se stessi per la salvezza della pe- cora e del figlio. Per loro conta ciò che è importante: la pecora e il figlio, realizzando così la parola del Signore che «il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato» (Mc 2,27). La seconda parabola (padre e figlio minore) approfon- disce e sviluppa l’insegnamento della prima perché, oltre la simbologia, si estende ai rapporti umani vissuti. Non è più solo la gioia di un ritrovamento, ma c’è di più: nono- stante il figlio minore lo avesse ucciso, chiedendogli l’e- redità prima della morte, il padre lo accoglie di nuovo co- me figlio e lo reintroduce nel diritto ereditario. Non si tratta solo di perdono, il padre va oltre la natu- ra, anzi va contro natura e non lo sfiora nemmeno l’idea di perdono perché si lascia distruggere per avere la pos- sibilità di reimpastare il figlio e rigenerarlo nuovamente alla vita come fosse la prima volta. D IO È TRASGRESSIVO In queste due figure (pastore e padre) sono descritti il volto e la natura di Dio come Gesù lo ha manifestato con il suo agire e le sue parole. L’evangelista vuole metterci di fronte alla necessità di purificare l’immagine che abbia- mo di Dio, obbligandoci a prendere coscienza del suo a- gire «trasgressivo» secondo le regole umane. Il Dio di Gesù Cristo non è «l’idolo» ufficiale che la re- ligione dominante ha addomesticato per orientare le co- scienze e addormentarle, piegandole al suo potere, ma è il Dio scandaloso che rompe gli schemi della convenien- za e della religiosità a buon mercato. Egli non accetta transazioni ricattatorie del tipo: «Se tu mi fai un favore, io ti offro un sacrificio», perché questo «mercato» è stato ro- vesciato definitivamente da Gesù nel porticato del tem- pio (cf Gv 2,13-22). Egli ha una sola fissazione: salvare tutti, a qualsiasi costo ( Gv 6,39), perché per lui non esi- stono buoni e cattivi, delinquenti e onesti; per lui tutti gli uomini e donne sono figli e figlie suoi e la prova è che «fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti» (Mt 5,45). Noi siamo lontani dal volto di Dio e spesso ci facciamo di lui una rappresentazione caricaturale, espressione di ciò che noi vogliamo che Dio sia: per molti cristiani Dio è la proiezione delle loro manie e del loro modo di pen- sare e vedere. Troppo facilmente dimentichiamo il moni- to di Paolo ai Gàlati che davanti ai nostri occhi «è stato dipinto/rappresentato Cristo crocifisso» (Gal 3,1). U N FIGLIO CONTRAPPUNTO Da genio della narrazione, Luca vuole che compren- diamo bene il messaggio delle due parabole (pastore e padre) e per questo le prolunga, estendendone il signifi- cato, impiegando altre due figure complementari: al pa- store che esprime la prospettiva maschile, aggiunge quel- la femminile della donna che trova la moneta (vv. 8-10). In questo modo la parabola del pastore che gioisce per il ritrovamento della pecora perduta diventa un insegna- mento universale che vale sia per gli uomini che per le donne, cioè per tutta l’umanità. Allo stesso modo la seconda parabola, che rigorosa- mente parlando è limitata al padre e al figlio minore (vv. 11-24), è prolungata di altri otto versetti, che illustrano la grandezza del padre sul contrappunto del «figlio maggio- re» (vv. 25-32); tale prolungamento serve da contrasto, per fare emergere la figura del padre come un gigante di fronte alla piccolezza e piccineria egocentrica del figlio maggiore, che rivela una mentalità gretta e omicida più grave di quella del fratello minore. DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA (30) (LC 24,46) a cura di Paolo Farinella biblista Così sta scritto LA PARABOLA DEL « FIGLIOL PRODIGO » (19) «GUAI A VOI, CHE SIETE RICCHI, PERCHÉ AVETE GIÀ IL VOSTRO CONFORTO» «Non insistere con me perché mi allontani da te» (Rt 1,16) « 25 Si trovava, intanto, suo figlio, quello anziano [lett.: presbitero] in [nel] campo. E quando fu di ritorno, si avvicinò alla casa, udì musiche e danze» (trad. letterale). (Lc 6,24).

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