Missioni Consolata - Maggio 2008

18 MC MAGGIO 2008 MYANMAR eventuale indipendenza di uno qual- siasi degli stati dell’Unione, potrebbe innescare un pericoloso senso nazio- nalistico anche tra le etnie cinesi del- loYunnan e quindi di altre regioni critiche come il Tibet e lo Xinkjiang, mentre la Thailandia sarebbe costret- ta a rivedere la sua politica verso le minoranze del nord, da sempre bi- strattate. Infine l’India dovrebbe con- trastare i forti movimenti indipen- dentisti assamiti, la cui sopravvivenza è garantita dalle basi che li ospitano negli stati Chin e Rakhine. «Spiace dirlo,ma il Tatmadaw (for- ze armate) è l’unica organizzazione in grado di garantire l’unità della na- zione e la stabilità del Sud-Est asiati- co» ammette un’importante perso- nalità religiosa che preferisce mante- nere l’anonimato. Per questo, a parole tutti auspicano un ritorno di Aung San Suu Kyi,ma nessuno spinge perché si avveri. L’U- nione Europea, dando ad un inutile Fassino il compito di rappresentarla presso il regime militare birmano, ha dimostrato quanto poco creda in un cambiamento radicale nella politica del paese.Non fa meglio l’Onu, con Gambari succube dell’Spdc. I vantati colloqui tra Suu Kyi e i generali, in realtà si riducono a formali scambi di battute senza senso e senza altro fi- ne se non quello di dare in pasto ai media qualche notizia. La pasionaria birmana ha come interlocutore un militare di basso livello in pensione. Il classico due di picche quando la bri- scola è bastoni. L’OCCASIONE PERDUTA Ma anche Aung San Suu Kyi, pur relegata nella sua casa di University Avenue , ha gravi responsabilità sul- l’attuale situazione del paese.UThan Tun, ex esponente di spicco dell’Lnd, espulso nel 1997 dalla stessa Lady per essersi mostrato favorevole a un dialogo con i militari,mi confidò che «Daw (attributo di rispetto dato alle persone di sesso femminile, nda ), è stata troppo intransigente. In Birma- nia occorre cogliere tutte le occasio- ni possibili per cambiare il corso della storia». Lei, l’eroina birmana, la sua occasione l’ha avuta nel 2004, quan- FACCE VECCHIE DEL REGIME S ono oramai 46 anni che in Birmania i vertici militari detengono il potere. Vi- sto dall’esterno, il governo della giunta appare solido e unito: nel paese sono pochissime le voci che esprimono dissenso, i turisti che vengono scorazzati tra splendide pagode e monumenti non vedono grosse sacche di miseria, i sorrisi che li accompagnano ovunque mostrano la facciata di un popolo felice e sereno, i ma- nifesti della propaganda riflettono un’unica via condivisa da tutti. In realtà, rivalità individuali e frantumazione sociale rendono il governo assai più debole di quanto possa apparire.Neppure nell’atteggiamento da tenere versoAung San Suu Kyi c’è unità di vedute. Lo dimostra la lunga serie di destituzioni, cambi di denominazioni e rimpasti al vertice avvenuti dal 1962 ad oggi.L’ultima, in ordine di tempo, si è consumata nel 2004, quando l’allora primo ministro, generale Khyn Nyunt, da molti indicato come colui che avrebbe traghettato il paese verso il plu- ralismo economico e politico, è stato posto agli arresti domiciliari. Nessuno all’interno della Spdc può considerarsi intoccabile: Nyunt, ad esem- pio, era a capo dei potenti Servizi segreti,ma tale posizione privilegiata non lo ha preservato da una fine miserabile.Le informazioni in suo possesso non sono ser- vite ad arrestare l’ascesa del suo più acerrimo nemico, quel generaleThan Shwe che, partendo da un posto pubblico nelle poste birmane, è riuscito a mettere da parte prima il generale NeWin e poi lo stesso Nyunt. M olti analisti indicano nel rifiuto diAung San Suu Kyi di accettare il dialogo of- fertole dal primo ministro, come una delle principali cause della sua caduta. Paradossalmente per questi osservatori (e per alcuni membri dell’Lnd poi espulsi dal partito per le critiche rivolte a Suu), l’intransigenza di Aung San Suu Kyi a- vrebbe favorito l’ascesa dell’ala dura dei militari. Oggi l’ottantenneThan Shwe è l’indiscusso presidente dell’Spdc e comandante delle Forze armate.Nonostante le sue apparizioni televisive cerchino di nascondere la paralisi al braccio dovuta a diversi attacchi di ischemia, è a tutti chiaro che la sua salute e, quel che è più grave, la sua mente, sono compromesse. In un suo discorso ha farfugliato che pri- ma di morire non vuole vedere più una faccia bianca nel Myanmar e che nella nuova Costituzione vorrebbe reintrodurre la figura del re; ruolo che gli spette- rebbe di diritto in caso di un suo ritiro dalle cariche militari. Il suo vice,MaungAye, potrebbe essere il successore di Than Shwe,ma il vizio di bere ha reso il suo fisico debole. Xe- nofobo, crudele, Maung Aye, oltre a essere contrario a ogni dialogo conAung San Suu Kyi, è stato l’artefice degli accordi con i si- gnori della droga in cambio di una pace con le diverse etnie. Sono inmolti,anche e soprattutto tra i mi- litari, ad aspettare la morte diThan Shwe. È la sua presenza, infatti, che impedisce ogni cambiamento. La nuova generazione di mi- litari, più moderata e incline al compromes- so, è pronta a prendere le redini del potere per poi condividerlo con l’opposizione. I generali Than Shwe (a sinistra) eMaung Aye. Volti di anziani nella regione del lago Inle.

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