Missioni Consolata - Maggio 2008

MISSIONI CONSOLATA umanitario per mettere in pace la co- scienza. No, è chiaro a chiunque che il Myanmar non potrà essere relega- to a lungo nel limbo dell’embargo e del boicottaggio.Del resto non lo è mai stato e neppure ora, dopo la ola di biasimo che si è innalzata da mez- zomondo a seguito della violenta ri- sposta dei militari alle manifestazioni dei monaci, lo sarà. La nuova ala dell’aeroporto di Yan- gon, con gli schermi al plasma Sam- sung , l’aereo della Lauda Air parcheg- giato poco distante, i due MiG 29 rus- si che sfrecciano nel cielo azzurro, sono solo l’antipasto della chiara di- mostrazione che il mondo economi- co non ha mai chiuso le porte alla giunta militare. INDIGESTIONE DEGLI AFFARI Se l’aeroporto è l’antipasto, in città ecco l’indigestione.Gli incroci princi- pali di Yangonmostrano i cartelli pubblicitari delle ditte che hanno sfi- dato apertamente l’embargo:Total, Alcatel, Chevron,Mitsubishi, Sony, Daewoo, Suzuki, Siemens. Sono solo alcune delle multinazionali che agi- scono senza veli nel paese, nono- stante le dichiarazioni ufficiali dei va- ri parlamenti europei, nonostante le proteste pubbliche, nonostante il boicottaggio.Non esistono sanzioni verso queste aziende;ma se si scava in qualsiasi ditta birmana, compare subito un qualche socio europeo o a- mericano. Nessuna economia vuole rischiare di perdere il Myanmar e le sue ric- chezze. E se ufficialmente non si può trattare direttamente con la classe imprenditoriale del paese, legata a doppio filo con i generali dell’Spdc (acronimo per Consiglio di stato per la pace e lo sviluppo), si trova sempre unmediatore compiacente. Per l’Italia, ad esempio, il principale intermediario con cui scardinare la saracinesca che impedisce il com- mercio diretto con il Myanmar, è Sin- gapore. Tramite questa minuscola re- pubblica, centinaia di aziende nazio- nali costruiscono hotels, vendono macchinari, esportanomaterie pri- me, compartecipano alla gestione di aziende che creano profitti sfruttan- do la manodopera a basso costo del paese. Insomma, nonostante si neghi ogni coinvolgimento, anche noi fac- ciamo affari d’oro con i generali. Lo dimostra, del resto, anche il docu- mento redatto dalla Cisl, in cui sono elencate più di un centinaio di azien- de che hanno rapporti commerciali con il Myanmar. I MONACI «SCOMPARSI» Poco importa all’economia, a noi, al nostro portafoglio, se i monaci nelle principali città della nazione, sono drasticamente diminuiti, come con- seguenza delle misure intraprese dal governo dopo che, nell’autunno 2007, le strade di Sittwe,Yangon, Mandaly, Pakkoku si erano colorate di arancione e le urla di protesta con- tro la giunta militare si erano levate dalle pagode. Sono stati migliaia i re- ligiosi deportati a forza dal Tatma- daw (le Forze armate birmane),men- tre altri, per prevenire le repressioni, si sono rifugiati volontariamente nei monasteri dei villaggi d’origine, da dove provenivano. «È difficile quantificare il numero e- satto di morti e di prigionieri» mi di- ce un bonzo, stretto collaboratore di U Gambira, leader dell’«Alleanza di tutti i monaci birmani», ancora impri- gionato per essere stato riconosciuto come uno dei leaders delle rivolte. «Ma pensiamo che le cifre siano maggiori di quelle date dal gover- no». Poi azzarda dei numeri: più di 700 arrestati stanno ancora marcen- do nelle carceri birmane,mentre ol- tre ai 22 morti, ufficialmente dichia- rati dal governo, se ne dovrebbero aggiungere 140 di cui non si hanno notizie. Un bilancio tragico, è vero,ma pur sempre limitato se pensiamo che nel 1988 le manifestazioni studentesche vennero disperse al costo di migliaia di vittime. Inutile, però, tentare di fare un raffronto con i cortei di 20 anni fa e quelli del 2007.Tempi e protagoni- sti sono totalmente differenti.Tra le toghe arancioni che hanno sfilato l’anno scorso non si sono viste im- magini del generale Aung San, non si sono levati canti patriottici, non c’e- rano giovani universitari. L’OPPOSIZIONE DIVISA La stessa Lega nazionale per la de- mocrazia (Lnd), il partito di Aung San Suu Kyi, ha brillato per la sua assenza. Anzi, è riuscita a fare anche di peg- gio: nei primi giorni delle dimostra- zioni, quando ancora erano poche decine i coraggiosi dimostranti che sfidavano i militari,U Lwin, segretario del partito, dichiarava a Radio Free A- sia che «le proteste sono di piccola portata e non possono risolvere i problemi del paese...Ci sonomolte persone che non prendono parte al- le proteste.Come possiamo sapere se i manifestanti sono una reale e- MC MAGGIO 2008 15 Yangon: sinistra, la pagoda dorata di Shwedagon; a destra, la gigantesca statua del Budda reclinato nella pagoda Chauzkhtakyi.

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