Missioni Consolata - Febbraio 2008

ARGENTINA 58 MC FEBBRAIO 2008 B uenos Aires. Barracas è un quartiere della capitale cre- sciuto lungo il Riachuelo, un fiumiciattolo (oggi inquinatissimo) che sfocia nel Río de la Plata. Il barrio non ha la notorietà dei confinanti SanTelmo e Boca. È un quartiere senza pretese,proletario. Sulla via Salom le case sembrano abbandonate. La strada,poco illumi- nata, è praticamente deserta, sia di passanti che di automobili. L’abitazione in cui entriamo è una vecchia casa in assi di legno.All’in- terno ci sono due stanze ammobilia- te inmaniera essenziale. Il bambino con il rosario al collo Fisico possente, viso da indio,baffi e pizzetto, giaccone, cappellino con visiera alla rovescia, di prim’acchito Mario Julio Sotelo, 47 anni, incute un po’di timore. Un passato in Costa Rica e Stati U- niti, una piccola attività di messag- geria (portare documenti e cose da una parte all’altra della città),Mario fa volontariato al CentroMiguel Ma- gone: insegna arti marziali ai piccoli ospiti. Proprio al centro gestito dai salesiani lo abbiamo incontrato per la prima volta. «Nel mio piccolo an- ch’io cerco di aiutare i bambini di strada» ci aveva detto, invitandoci a visitarlo. «Questa è la mia umile casa.Un li- vello poco sopra della ranchada del- la strada», avverte Mario, quasi per scusarsi.Con il termine ranchada si indica l’estemporaneo rifugio dei bambini di strada: il luogo dove si ri- trovano in gruppo, dove dormono, dove stabiliscono il da farsi. Che fanno i bambini nelle rancha- das ? «Decidono le loro attività», spie- ga Mario, senza cercare di abbellire la situazione. «Attività che spesso so- no furti; sono pochi i gruppi che vi- vono con l’attività di cartoneros» . Quindi, il nostro ospite, che parla con visibile partecipazione emotiva, ag- giunge: «E poi nelle ranchadas si consumano droghe». Mario Julio Sotelo non è un assi- stente sociale, non è un religioso, certamente non è ricco,ma da anni segue i bambini di strada.Perché? «Ne sento la necessità,perché io fui della strada.Anzi, di più se possi- bile, dato che sono orfano e non ho mai conosciuto i miei genitori. Sono cresciuto in istituto e in istituto (che comunque era un luogo rispettabi- le) ho imparato a sopravvivere». La casa di Mario è aperta a tutti. «Ripeto - insiste - : questa è una ran- chadita , non una vera casa, dove ci sono letti e comodità. Io vivo la casa e non il contrario.Mi basta l’essen- ziale. Vivo conmio figlio.Ho 3 for- chette: una per me, una per lui ed una per il visitatore di turno, che a- desso è Maxi». L’interessato ascolta ed annuisce. «Maxi - prosegue Mario - lo conosco da qualche anno,ma da poco vive di Paolo Moiola * Reportage / Tra i bambini di strada della capitale argentina (2.a puntata) Ci sono quelli della stazione dei treni. Quelli della metro. Quelli che stanno sotto un porticato. Sono chicas y chicos de la calle che si arrabattano per sopravvivere nelle strade, tra droghe, pericoli e polizia. E poi c’è lui, Mario, insegnante di arti marziali e factotum, ma soprattutto ex bambino di strada. Oggi investe molto tempo ed energie per aiutare i bambini direttamente, senza intermediari. Assieme a Mario abbiamo trascorso una notte tra le ranchadas di Buenos Aires, nascoste dietro le luci della città, metafora di una società che, ad un tempo, abbaglia ed esclude. LA NOTTE È TROPPO LUNGA

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