Missioni Consolata - Gennaio 2006

N el recente Viaggio a lt.aca (1995 - Einaudi 2005) la Desai cerca di raccontare motivazioni, stereotipi e realtà del «pellegrinaggio» di tanti giovani occidentali in India, moda abbastanza diffusa alla fine degli anni '80. Un preludio è offerto in Notte e nebbia a Bombay, quando Farrock, il dignitoso proprietario di un caffè di terz'ordine, additando un ragazzo bianco ricoperto di stracci, che pre- · tende di essere servito senza pagare il conto, sbotta: «Già avrà preso a calci in faccia i genitori, immagino; genitori ricchi, che hanno regalato al figlio una moto, un'automobile, l'orologio, i soldi, il biglietto per l'India, tutto. Eche cosa hanno ottenuto? Una pedata, ciao e via. Eh? È così che vengono, in Afghanistan, in Nepal, in India. Dicono ai genitori che non vogliono un impiego, che non vogliono lavorare. Raccontano loro bugie enormi sugli dèi indù; sostengono di amare il Budda, di volere visitare itempli, vivere negli ashram (centri di spiritualità). Sì certo che visitano i templi e vivono negli ashram; ma badano al Budda o a Rama o a Krishna o a qualunque altro dio? lo so che cosa fanno. Prendono droghe in questi ashram, droghe da quei pandit e da altra gente come loro». Tutti i giovani occidentali si aggrappano a una presunta «spiritualità» per cercare in India lo «sballo» della droga? In Viaggio a Itaca, Matteo, il giovane protagonista italiano, sognatore e ribelle, è sincero nella sua ricerca di spiritualità in India, perché ispirato dal romanzo Pellegrinaggio aoriente di Hesse, unico libro che pare avere influenzato la sua anomala formazione. Figlio di un'agiata famiglia, residente in una villa sulle sponde del lago di Como, Matteo conosce e sposa Sophie, irrequieta giornalista, figlia di banchieri tedeschi. Inizia così la loro avventura in India, caratterizzata dalla spassionata e ingenua ricerca di Matteo accompagnato dalla razionalità, che talvolta diviene spietato cinismo della compagna. È proprio Sophie, però, con il suo disincanto e la curiosità tipica della brava giornalista, che riesce a tratteggiare bene motivazioni e intenzione degli occasionali compagni di «pellegrinaggio» e degli stessi indiani. Malgrado siano foraggiati dal denaro dei ricchi genitori di Sophie, i du_e «pellegrini• vivono una vita dura in ashram diversi per stile e conduzione. Partecipano anche a un faticoso e colorato pellegrinaggio verso un tempio, che lascerà in Sophie l'amaro ricordo di una donna nel tentativo supremo di salvare il figlioletto moribondo tanto da farla esclamare: «Al centro dell'India c'è un bambino morto». Dopo aver soggiornato sulle spiagge di Goa, «il pellegrinaggio attraverso l'India si intrinse del denso e aromatico annebbiamento della marijuana: le si appiccicò addosso e diventò il suo abito. Penetrò in lei e diventò il suo essere... In tutta l'India, in quegli anni, cenciosi mendicanti bianchi, in pyjama sbrindellati e bandana, gironzolavano intorno agli ashram, ai santoni, per il divertimento e l'incredulità degli indiani che composero per loro una canzonetta "dai un tiro, dai un tiro, sentiti svenire"». Quasi sempre questi giovani occidentali sono oggetto di dileggio da parte dei locali, che ne identificano il parassitismo e la lenta distruzione. Infatti non di rado questi «pellegrini» contraggono malattie mortali. Più volte Matteo e Sophie sono ricoverati in condizioni gravi in ospedali diversi. In uno di questi, un medico indiano capisce la sincerità di Matteo, gli salva la vita e con saggezza lo esorta: «la luce divina può uccidere... gli dèi sono distruttivi in questo paese... Viene in India e non si prende neppure la briga di imparare qualche cosa. Pensa di poter capire questo paese senza studiare nulla? Pensa che la luce divina sia come il bagliore di un lampo? Avrei dato qualunque cosa per andare in occidente a studiare». Matteo riesce a farsi accettare in un rigido ashram, do~e studia con rigore, ma deve anche subire la segregazione, ad esempio durante i pasti, perché ritenuto impuro. Quando Sophie scopre che i santoni dell' ashram sono in combutta con bande di malviventi, raggiunge con Matteo I' ashram retto da una leggendaria Madre, di cui Matteo diviene totalmente dipendente, tanto che «ora capiva per quale ragione perfino i dintorni paradisiaci della sua casa sul lago gli erano apparsi vuoti e terribili, perché non c'era nessuno a mostrargli che erano espressione di una verità eterna ed essenziale». Sophie, intanto, ha avuto due figli che riesce a parcheggiare dai nonni italiani, per avventurarsi alla ricerca del passato della Madre, che si rivela essere un'altra «pellegrina», figlia ribelle di madre francese e padre egiziano. Laila, l'attuale Madre, nata e cresciuta ad Alessandria d'Egitto, conosce l'India in un negozietto di Parigi e diviene ballerina nel gruppo del famoso Krishna, danzando a Venezia, New York e, infine, approda a Bombay, dove danza per un «.santone•, che diviene suo maestro di vita. Nella memoria del maestro, la Madre, che come danzatrice prediligeva la figura del «pavone», riesce, come il magnifico e vanitoso uccello, nelle sue apparizioni serali a incantare i •pellegrini• dell' ashram, taluni, come l'ingenuo Matteo, quasi schiavi. Con la morte della Madre I' ashram si avvia, però, verso l'oblio. I ncontro di culture? Secondo la Desai solo con una ricerca sincera e un amore autentico ci può essere un incontro proficuo. Intanto la scrittrice indiana ha proseguito il suo «pellegrinaggio» in Messico, scrivendo il romanzo The zig-zag way, che il prossimo anno uscirà tradotto in italiano. MC GENNAlO"2006 ■ 53

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