Missioni Consolata - Gennaio 2006

f ' r l dine dei 6-7 milioni, owero il 10· l l per cento degli italiani che non riesce ad arrivare alla fine del mese, eancora più inquietanti se letti nella prospettiva di un governo che vuole creare stati fortezza (legge Bossi-Fini sull'immigrazione, sino alle dichiarazioni leghiste sulle cannonate alle navi che trasportano disperati in fuga), ma soprattutto colpire al cuore i più deboli attraverso proposte di legge come quella sulla tossicodi· pendenza. (I O) Giace In Commissione parlamentare la proposta Burani Procaccini sullo smantellamento della legge 180 in ambito psichiatrico. {11) Cosa sono gli attuali Cpt, i famigerati «Centri di permanenza temporanea» per immigrati, se non una moderna versione dei manicomi? A lato: un banchetto dell'associazione «Volpi~per le vie di Torino; è una maniera per autofinanziarsi. siede la consapevolezza degli altri, del numero di commensali che dividono con te il pasto, e la conta delle posate e dei bicchieri diventa uno dei mezzi attraverso cui recepire l'«altro», in una costante lotta contro l'individualismo, l'alterazione patologica persistente del nostro sistema che vive e si nutre del culto di sé e dei propri oggetti. D avide passeggia ininterrottamente lungo il corridoio del Centro diurno (qualche metro invero!), e quando qualcuno esce saluta cordialmente con un «Salve buonasera grazie e arrivederci», secondo una formula che è difficile ricondurre a questioni di mera rigida educazione... Come Gianfranco che comunica con tono alto e a tratti imponente, muovendo ricordi che spaziano probabilmente ben più lontano di quanto alcuni di noi sappiano fare (spess~ per via del timore di ridare vita a speranze perdute e a voln senza rughe sinonimo di libertà e ricchezza.,.), e se vuole parlare parla, indipendentemente dalla presenza o meno di un interlocutore; nessuna distinzione apparente tra il sentire e l'ascoltare (qualcuno si è riconosciuto?), così io parlo con Simonetta, un'infermiera minuta con gli occhi pieni della storia di ognuno di loro, lui mi guarda e dice: "l'acqua potabile di Pecetto, è ancora potabile anche se prima era l'acqua del mago dei fiori, ora non più ma adesso è ancora buona" e in una impalpabile alienazione intima, mia personale evidentemente, ritrovo una strana sensazione di comunione col mio mondo. Più comprensibile e forse più significativa dello stesso straniamento di fronte ad una scatola nera che parla ininterrottamente nell'infimo tentativo - certo nòn del tutto fallito... - di omologare istupidire generare ignoranza o artefatte forme di conoscenza, e la spiccata propensione alla solitudine trionfa incontrovertibilmente. Una giornata al Centro diurno: una tensione costante verso il tentativo di comprendere la logica di un saluto troppo complesso e tortuoso, di un mago dei fiori che forse appartiene ai suoi ricordi e riemerge casualmente o forse no. Amo pensare che nei meandri complessi e talvolta ingestibili della loro mente si celi una logica illogica, o una logica incomprensibile, o una illogicità talvolta eccentrica e creativa... guardare e vivere i matti è come essere affetti da una miopia in cui si cela la difficoltà a capire se il mondo vero è quello con gli occhiali o senza, se i due mondi sono affini e ■ MISSIONI complementari e in quali di questi la dimensione umana trovi più libertà e autonomia. E ssere matti vuol .dire sentire 1~ voci e non rius~ire ~ li~erarsene. Essere matti vuol dire avere le allucmaz1om e rasentare in preda ad esse talvolta anche la violenza. Essere matti vuol dire vivere la diversità come una condanna in una ricetta medica, in un sorriso mai rubato, nella vergogna di essere fruitori di sussidi. Essere matti vuol dire anche subire un decadimento fisico, perché gli psicofarmaci rovinano i denti, fanno cadere i capelli e spesso inibiscono l'atto sessuale, riducendo drasticamente la possibilità di condurre una vita normale, un lavoro, una famiglia, dei figli. Essere matti vuol dire spesso essere identificati con la violenza e subire la vergogna e il pregiudizio della diversità come elemento negativizzante. Essere matti vuol dire essere vittime, per ragioni di familiarità o meno, di una fra le ma• lattie più invalidanti socialmente. Ma essere matti vuol dire anche essere stari fra i più grandi produttori di arti e musiche di tutti i tempi, nelle espressioni più acute ed esasperate della dimensione interiore. Essere matti vuol dire anche forse vivere un autentico culto della differenza nelle sue forme più deliranti e creative, come un viso struccato nell'esasperante tentativo di sembrare ciò che si è, come un colore sbagliato in un disegno sbagliato, come un discorso sconclusionato in una stanza vuota o in una strada piena ma ugualmente vuota.... Essere matti, forse, vuol dire anche pensare che un domani un matto possa essere considerato un malato come tanti, come un insulino-dipendeme, come un ventenne che trascorre le proprie giornate a lasciarsi vivere dalla Tv, come un malato di Aids, come un portatore di bypass. Se così fosse, allora domani vorrei svegliarmi in un mondo di matti, dove le malattie non siano più un virus che si trasmette con una stretta di mano, ma un infelice evento nella vita degli altri che induca quantomeno a rispettarli e forse anche a diventare noi stessi un tramite per la tanto agognata <<11ormalità», come uno stipendio per un cassaintegratoFiat, la televisione spenta per la nuova generazione, uno spazio caldo per un mendicante a rischio assideramento. NADIA GRECO ----------------------------~----------------------------------------- MC GENNAIO 2006 ■ 35

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