Missioni Consolata - Gennaio 2006

■ ECUADOR ■ ■■■ ■■■ ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- tarietà negli eventi quotidiani della vita interfamigliare e sociale.La mentalità chiusa e la diffidenza tra comunità vicine fanno pensaread una mancanza di riconoscimento dell'altro a livello basico. La nostra risposta religiosa emissionaria, a livello istituzionale,parteconbuone intenzionima, certamente, non è ingrado di andareoltre le parolee le inquietudini. Lo sforzo per programmare incontri,aogni livellodi categoria e geografia,è intenso.Dialogare è un fattore estremamente positivoe,senza dubbio,mai prima d'ora,si era verificata tanta promozionedi diarogo comeoggi.Si corre però il rischio che tuttoquestodialogare si risolva,alla fin fine, in meri incontri organizzati per «esigenza di copione», in cui non riesce ad emergere la chiave drlettura dellarealtà. Non si riescono avedere cambi di mentalità,sforzi sinceri per verificare le posizioni programmatiche e un lavoro checonduca a valutazioni schiette della realtà.Si avvertono critiche, lamentele,malesseri: l'arca è grandee,alla fine,c'è posto per tutti e per tutto.Si continuaa parlaredi famiglia, ma in realtà i problemi di convivenza fraterna sono feriti eminimizzati. È preferibile, quindi, insistere a parlaredi comunità, perché, in fondo, la comunità è un ufficio grande,dove i professionisti possono convivere benissimoottoore al giorno, per poi ritornare ciascuno alla propria famiglia,alla propria solitudinee ai problemi di sempre. P ensoche ci sarebbe la possibilità di esprimere il nosi:ro carisma in sintonia con il contesto reale. Lavoriamo per costruirè una chiesa che sia comunionedi fede, speranza eéarità. In tal modo, laconsolazione lavora per inserirenella chiesa una volontàcaratteristica di apertura, dispostaa restituire la visibilitàculturalee spirituale propria, interrottanel passato. Se la chiesa è dawero sacramento universale,gli indigeni dovrebbero riuscire adiventarne segni idonei. Dovrebbero«rivestirsi di Cristo»,senza scartare le propriememorie;arricchirsi del pensierocristiano,senza disattivare completamente il proprio pensiero. Ci sono dei paradigmi, oggi, in gradodi esprimere l'esigenza di rispettareed esprimere il «proprio»culturale.Si potrebbe cominciare con un , paradigma di inculturazione pastorale. Il primopasso dovrebbeessere quellodi «indigenizzare» i posti pastorali, facendo in modochegli agenti di pastorale indigeni siano una maggioranza eche,di conseguenza, si possano fare programmazioni e valutazioni, partendo dall(! forze locali. In questomodo, risulterebbe più facile capire se la diversità culturale Lieto, padre Giuseppe Ramponi con alcuni animatori delle comunità della parrocchia. ha dawero l'opportunità di essere awiata verso un' interculturalità creativa,per un rinnovamento pastorale nella pratica della evangelìzzazione. Noi siamoancora troppo legati a , consolazioni «materiali».Si continua a lavorare in ambiti di promozione sociale,di assistenza giuridica nei casi di ingiustizia contro i poveri, di sviluppo e formazione della leadership, nel tentativodi creare unamentalità comunitaria in gradodi affrontare • problemi di disabilità e altri ritardi o limiti,fisici e mentali. L a chiesa locale,dal canto suo, non va oltre la «stagionedella parola».I documenti sono coraggiosi per la critica e l'indignazione che esprimono.Diventano letturaardita emeditazione interessante;ma rimangono solo buone intenzioni. Quelli che hanno firmato i manifesti incontrano insuperabili difficoltà a realizzare quanto scritto e, arrivati al dunque,a puntare esplicitamente il dito contro i colpevoli. Per agire, si dovrebbe esserecapaci di rispondere con decisionealle seguenti domande: 1.Che tipodi consolazione si considera necessaria per gli oppressi, oggi? 2. Che stiledi presenzamissionaria esige un idealecosl impegnativo? 3. Che aspetti eatteggiamenti dovremmoapprofondiree trasformare, a livello personale e comunitario,come regione ecome continente,per vivere con maggior coerenza il nostro carisma di consolazione nell'oggi dellastoria? Sono tutteeccellenti domande che si scontrano,oggi come oggi, con la nostra povertà «numerica»e qualitativa eche,moltodifficilmente, potrebbero essere elaborate in risposte credibili evissute.Consoliamoci,almeno,con la nostra caratteristica misericordiosa, che emerge nonostante tutto e cheaiuta a superare la t ristezza di quello che passa il convento. Diceva Fito Paez (cantanteargent ino): «Quiéndijo que todo estaperdido?Yo vengoaofrecermi coraz6n.~.» (chi ha dettoche tutto è perduto? lo vengo aoffrire il mi<;> cuore). ■ ---------------------------------------------------------------------------------------------· 16 ■ MC GENNAIO 2006

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