Missioni Consolata - Gennaio 2005

CRESCITA o DECRESCITA? CON QUESTI CONSUMI NON AVREMO FUTURO <Chi crede che una crescita esponenziale possa continuare all'infinito in un mQndo ftnito è un folle, oppure un economista». Ha scrittoAlexLanger, il compjantoambientalista altoatesino: «lo mi chiedo se è vero che vogUruno stare meglio, quando quotidiancunente facciamo dj tutto per stare peggio. Cioè, facciamo una cosa sola: obbediamo ciecamente al mercato, al furore tecnico-economico che domina il mondo. Lavoriamo di più, più in frena, più ansiosamente. Per che cosa? Già chiederseloè un miracolo, perché non c'è più tempo per chiederselo». TI problema è posto: il bene coUettivo e la felicità individuale sono in relazione diretta con )a crescita economica? La risposta, almeno io Occidente, è quasi sempre stata «sh>. Poi, davanti ai fallimenti del mercato, aUe diseguaglianze sempre più forti, al degrado ambientale, alcuni studiosi hanno iniziato a ribaltare i termini del problema e a parlare di «decrescita» come proposta per uscire dal tunnel cieco dell'economicismo. In tempi di esaltazione della «crescita», è normale che il termine opposto porti con sé una sensazione di negarività. Scrive Serge Latouche in Obiettivo decresdta: «Pianifica· re la decrescita significa rinunciare all'immaginario economico, cioè alla credenza che "di più" significhi "meglio•. n bene e la felicità possono realizzarsi a un minor prezzo. La saggezza afferma generalmente che Ja felicità si realizza nella soddisfazione di un numero sapientemente limitato di bisogni. La riscoperta della vera ricchezza neUa pienezza delle relazioni sociali conviviali io un mondo sano può realizzarsi con serenità nella frugalità, nella sobrietà e addirittura in una certa austerità nei consumi materiali>}. Pa.Mo. PER SAPERNE DI PIÙ: Mauro Bonalutl (a oura), Obiettivo decrescita, Emi, Bologna 2004; Gianfranco Bologna, Francesco Gesualdl, Fausto Piazza, Andrea Saroldl, lnulto allo sobrietà felice, Emi, Bologna 2000. mo partecipare ai movimenti, alle proteste, alla resistenza, già a Jivello mentale rifiutando di lasciarei colonizzare completamente da!Ja pubbHcità dei media e dal "pensiero unico". Dobbiamo - come sempre scrivo nei miei libri - "decolonizzare i1 nostro immaginario" e mettere al centro della nostra vita significati e ragioni d'essere diversi da.ff'espansione della produzione e del consumo. parentemente ridicola (come la mia per internet, il cellulare o l'aulO), è utile». provarJo né aiutarlo a funzionare, al di là della necessi tà. Poi dobbiamo resistere. Dobbiamo ricordarci che siamo imbarcati su una "megamacchina" che fila a gran velocità senzap ilota e che quindi è condannata a fracassarsi contro un muro. Resistere significa alJora tentare di frenare, dj cambiarne la direzione, se è ancora possibile. Ogni piccola resistenza, anche apLei ha scritto che <(siamo aJ centro di un triangolo i cui tre vertici sono: la sopravvivenza, la resistenza e la dissidenza». Potrebbe chiarire il concetto? «P rima di rutto dobbiamo sopravvivere. Sopravvivere significa adattarsi al mondo nel quale viviamo, ma non significa che dobbiamo apDobbiamo infine pensare di poter

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