Missioni Consolata - Gennaio 2005

<<Sbilanci.am.ocbJ: wt. 'altra finan:zi.ari.a è p~~i.bi.le LA SPESA PUBBLICA NON È UNA IATTURA Una serie di organizzazioni italiane (beo 36, sia cattoHche che laiche) hanno scritto una «finanziaria alternativa», che guarda ai diritti, alla pace, all'ambiente. Ci&e e obiettivi messi nero su bianco ovvero quando i sognatori diventano concreti. Tutti sanno cosa sia la finanziaria, ma pochi vanno al di là eli un vago «stabilisce più omeno tasse». In realtà, con la 6nanziaria si decide una parte del futuro immediato di ognuno di noi (sanità, scuola, ambiente, famiglia, ecc.) e del paese nei confronti dd mondo (spese militari, cooperaz:iont! internazionale, ecc.). Esattamente un anno fa scrivemmo un elogio della campagna «Sbilanciamoci», che studia numeri e proposte per una finanziaria «a favore dei diritti, deUa pace e dell'ambiente~; quest'anno dobbiamo ripeterci ed anziampliare i complimenti. ll lavoro fatto dalle36 organizzazioni promotrici (sia cattoliche che laiche) è la dimostrazione che i sogni -diritti per tutti , pace, preservazione dell'ambiente - potrebbero tradursiin realtà concrete, se soltanto politici ed amministratori lo volessero. Rimandando ilettori alla fonteoriginale per il dettaglioddle varie voci di spesa, per noi è importante ricordare alcuni dei principi su cui si fonda la 6nanziaria approntata da Sbilanciamoci. PRIVILEGI ED EGOISMO• .cNel elibattito politico di questi anni il tema ddla leva fiscale è stato strumentalizzato in modo ideologico e populista al 6ne di perseguire l'obiettivo della riduzione indiscriminara dell'imposizione fiscale identificata come un "male in sé", una gabella "estorta" dallo Stato "inefficiente e sprecone". Tanto più grave è ciò in quanto a farsene portatore è proprio chi questo Stato sta gestendo in maniera fallimentare, il ceto dirigente responsabile primo del dissesto della finanza pubblica, dello scadimento dei servizi, dell 'appropriazione personale delle risorse pubbliche, della legittiroazione dei peggiori comportamenti opportunistici. Le imposte non sono mai buone o cattive in sé, ma lo sono solo e m quanto sono lo strumento che permette di far fun . zionare le nostre istituzioni e garantire ai cittadini quei servizi e quelle prestazioni che rafforzano la coesione sociale, lo sviluppo, il godimento dei diritti fondamentali anche da parte delle classi più disagiate. Senza risorse- e dunque senza un adeguato prelievo fiscale - non può esserci un Welfare che funziona ed adquato aDe esigeme dei cittJadini, non possono darsi politiche di sostegno allo sviluppo e di aiuto alle regioni più povere, non possono essere messi nelle condizioni di operare i comuni - e più io generale gli enti locali e le regioni- nell'offerta dei servizi essenziali alla comunità e al territorio. Al contrario di chi attacca le tasse - e che ha inmente solamente i privilegi dei più ricchi e l'egoismo sociale - noi difendiamo il principio della contribuzione fiscale, come un principio di civiltà, di coesione comunitaria e di solidarietà». LASOCIETÀ NON È UN'IMPRESA. «Ritorna oggi con forza una richiesta di equità e sicurezza sociale, di giustizia e regole cui non si può non dare risposta; il primato di un'economia deregolamentata t! senza anima sociale è al capolinea; ci sono questioni eli fondo che vengono poste: è la società che si deve comportare come un' impresa, o è invece quest'ultima che deve essere responsabile incorporando nelle sue valutazioni anche l'impatto sociale ed ambientale delle proprie azioni? O più in generale: è ilmercato una produzione sociale - e quindi dalla società dipendente- o è la società ad essere subordinata al primo? È in crisi questo modello di sviluppo, mef1ivoro, consumistico, individualista, che può sopravvivere solo su una appropriazione sregolata di risorse, di produzione di diseguaglianze; ci sono dei limiti a questo sviluppo che sono dati da un ambiente che non si può massacrare, da una coe· sione sociale che non si può distruggere, da beni comuni dai quali dipendono la nostra sopravvivenza, che non potranno mai essere ridotti a merce. Gran parte del peso di questo nostromodello di sviluppo ricade sul Sud dd mondo, al quale viene impeelito eli trovare la strada al proprio futuro, e sulle future genel112.ioni, che rischiano eli pagare con conflitti, povertà e degrado i nostri comportamenti. In questo contesto si colloca la crisi del modello industriale che abbiamo sin qui conosciuto; per quanto ci riguarda. possiamo propriamente parlare della scomparsa dell'Italia industriale. E non si tratta tanto del cinesi che fabbricano più a buon mercato. Ci sono responsabilità speci6catamente italiane di imprese che non puntano più sulla qualità, il lavoro, l'innovazione; di imprese che preferiscono puntare sui mercati finanziari e non sugli investimenti produttivi, che preferiscooo risparmiare precatizzando il lavoro e non investire puntando suDa qualità e fonnazione dei lavoratori. È Ja logica del "mordi e fuggi" dei casinò 6nanziari, che il governoBerlusconi ha alimentato al massimo con le sue misure che - riguardandolo in prima person-a - hanno indotto ogni imprenditore a credere che fosse ormai arrivato il momento di •prendere i soldi e scappare". A partire dal sem· pre minore tasso di legalità e deontologia. Oppure le responsabilità di un settore pubblico che non fa più ricerca, cbe non ha più una politica industriale, che non fa programmazione, che non dà vere regole, che non pensa al wel- /are come strumento anche di sviluppo e coesione sociale. Invece è proprio il ruolo del settore e dell' intervento pubblico che biso.gna rilanciare. Dopo più eli un ventennio eli sbornia ideologica di mercato, liberismo e privatizzazioni, l'intervento e la spesa pubblica possono essere strumento di una vera economia diversa: la ricetca, il welfare, l'uso della leva fiscale, la programmazione, il controllo dei mercati e la reale regolarnentazìone della concorrenza, possono essere gli strumenti di un'economia sostenibile; non si tratta ovviamente di staralismo, ma di una sfera pubblica che attinge dalla dinamica del protagonismo degli attori sociali». NON C'E TEMPO DA PERDERE. La finanziaria 2005 del governo Berlusconi non contiene nulla eli quanto propone la comro6nanziaria di Sbilanciamoci. Ma un obiettivo importante questa l'ha ottenuto: dimostrare, conti allamano, che una gestione alternativa dei soldi pubblici è possibile. E sempre più impellente. Pa.Mo. PER SAPERNE DI PIÙ: www.sbilanciamocl.org Dal sito è possibile scaricare la contn>-flnanzlarla del 2005 e quelle degli anni precedenti. MC l e-nnaio 2005 pogina 63

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