Missioni Consolata - Gennaio 2002

MISSIONI CONSOLATA 6 GENNAIO 2002 Donne dimenticate? Egregio direttore, sono una lettrice attenta, ma scontenta della parzia- lità della rivista. Dimenti- cate le donne! Ce l’avete con il neolibe- rismo, lo squilibrio mon- diale poveri-ricchi, ma scordate che: - il fondamentalismo isla- mico ha radici diverse da quelle della povertà; deri- va dal rifiuto della moder- nità; la società è arretrata, vuole restare immutata e teme il cambiamento; - nel mondo islamico le donne sono, anche nei paesi più moderati, dotate di meno diritti degli uomi- ni; in quelli più arretrati sono «cose». Pure in Africa le donne se la passano male. E per- ché non denunciate mai la classe politica locale, avi- da, incapace, corrotta? Come donna, preferisco vivere in occidente: nessu- no mi uccide se faccio un «cornino» al marito; pos- so lavorare e uscire di casa senza essere insultata, co- me in Afghanistan, Iran... Silvana Fusco Torino Grazie del richiamo a non dimenticare le don- ne. Ma preferiamo che siano esse stesse a parlare della loro condizione. Ignoriamo la corruzio- ne dei politici africani? Non ci pare. La denuncia avviene anche attraverso le lettere che pubblichia- mo, come la seguente. Il turismo della fame Caro direttore, ho letto con piacere la commemorazione della morte di p. Luigi Graiff, ucciso 20 anni fa ( Missioni Consolata , settembre 2001). Il racconto di quel tragico evento ha fatto scattare in me la molla del- le emozioni. Come collaboratore del compianto p. Graiff, nella costruzione della missione di Laisamis, ricordo anche i nostri viaggi a Nairobi, Nyeri, Wamba, Marsabit... le avventure con gli shifta sempre in agguato. I predoni ngorokos (che uccisero il missionario) o- perano ancora. Inoltre ci sono i predoni in divisa, ossia membri del governo, pronti a «distribuire» aiuti (cioè a venderli), in cam- bio di bestiame ed anche bambini. Tutti sanno che si compravano bambini e bambine dei turkana sui mercati di Eldoret e Kitale «sotto la protezione delle autorità». I missionari protestavano, ma veniva- no accusati di propaganda antigovernativa. Non mancavano minacce di e- spulsione. In ogni angolo del nord del Kenya esiste un picco- lo centro amministrativo, chiamato «Lokichoggio». A causa della guerra civile in Sudan, è diventato una base con hangars per ae- rei, magazzini per aiuti u- manitari, case per i piloti e il personale delle Organiz- zazioni non governative. Dalla base partono aerei per distribuire cibo agli af- famati del Sudan ed anche del territorio turkana . Qualche agenzia turisti- ca ha inventato il «turismo della fame»: ha impiantato a «Lokichoggio» un cam- ping , con tende ad aria condizionata, ristorante, club, piscina... Qui si pos- sono noleggiare piccoli ae- rei per andare a vedere gli affamati in ambedue i con- fini (Sudan e Kenya). Oggi, pensionato, colla- boro con il mensile per gli italiani del Kenya Out of Italy . Si sta anche prepa- rando la commemorazio- ne del centenario dei pri- mi missionari della Con- solata giunti nel paese... Giorgio Ferro Eldoret (Kenya) Il signor Giorgio (ex camionista, meccanico e costruttore) è un fedele a- mico dei missionari della Consolata. Risiede in Kenya da molti anni. Ce- libe, ha adottato qualche kenyano. La vita è bella... Caro direttore, «La vita è bella... quella che permette alla devozio- ne di esercitarsi, alla gene- rosità di seminare pace e amore. La vita con le sue infinite possibilità, la vita di tutto il mondo, la pro- pria vita...». Così termina L’isola del paradiso di Denyse Re- naud, un libro che mi è ca- pitato tra le mani a Mara- lal (Kenya) l’estate scorsa. È la storia di un giovane europeo, che si reca in una missione della Nuova Guinea, pieno di sicurez- ze, convinto di essere indi- spensabile al missionario che lo ospiterà. Si ritro- verà cambiato e ridimen- sionato nelle sue certezze. Ho avuto la possibilità di trascorrere delle ferie «diverse»: a Maralal, ap- punto. Con altri giovani, ero impegnata in una ini- ziativa di oratorio con ol- tre 300 bimbi, con i quali abbiamo pregato, giocato, recitato, disegnato. Ero partita sicura di «dare» il mio tempo per «fare» qualcosa per loro; sono tornata con quello che essi hanno dato a me: la certezza che basta poco per renderli felici. Infatti bastava un sorriso, un sa- luto, una stretta di mano... e ci correvano incontro gridando il nostro nome o ci accompagnavano per le strade del paese. Non dimenticherò mai la bimba, che non ha mai detto una parola; ma, ogni volta che mi vedeva, lascia- va tutto per venire ad ab- bracciarmi; però strillava davanti alla macchina foto- grafica. Ci sono emozioni che non si esprimono a pa- role: bisogna viverle. Ai missionari della Con- solata che mi hanno ospi- tata, permettendomi di vi- vere con i loro 300 bambi- ni... grazie! Elena Zanchi Torino Elena, la foto inviataci è più eloquente di qual- siasi nostro commento.

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