Missioni Consolata - Ottobre 2021

R MC 67 ottobre 2021 MC predicatori o imam ma molto di più scuole per i propri figli, centri di salute, progetti di sviluppo, ac- qua, cibo sicuro e pace. Così il ve- scovo aveva mosso mari e monti, con la tenacia di cui era capace, fino a ottenere dall’autorità colo- niale il permesso di aprire mis- sioni nel Nord, nel Marsabit e nel Samburu. E qui vieni tu Già. Monsignore era uno che non si risparmiava, ma era anche molto esigente con gli altri. Se mandava un missionario a ini- ziare una nuova missione (ed en- tro il 1964, anno in cui Marsabit è diventata diocesi, ne aveva ini- ziate ben 14), voleva che le cose fossero fatte «bene e subito», non dopo anni. Non importava se quella era una mission impossi- ble dato che sul posto non c’era nulla e si doveva far venire il ce- mento da centinaia di chilometri, scavare pozzi per avere l’acqua, raccogliere le pietre per le fonda- menta, trovare la sabbia per fare i blocchi, tagliare la legna per avere assi e travi, dormire con un occhio aperto per via degli ani- mali (iene, leoni, elefanti e ser- penti) che di notte entravano nel campo, creare piste e strade, at- traversare pericolosi fiumi stagio- nali. Così lui mi ha chiamato, per- ché mi aveva visto costruire la chiesa di Mugoiri e aveva capito che ero di poche parole ma mi sapevo arrangiare. Da dove hai cominciato? Nell’agosto del 1963 mi ha man- dato a fondare la missione di Lai- samis, tra i pastori rendille, più o meno a metà strada tra Isiolo e Marsabit. L’anno dopo, ho aiutato anche per le prime costruzioni della nuova missione di Archer’s Post tra i Samburu, circa 125 km più a Sud. A Laisamis sono rima- sto dieci anni. L’inizio è stato dav- vero duro. Quando sono arrivato non c’era nulla. I serpenti erano i padroni assoluti. Mi attendeva un lavoro immane. Ho misurato al- lora a lunghi passi l’area della fu- tura missione, mi sono rimboc- cato le maniche e, con l’aiuto di alcuni volenterosi del luogo, ho cominciato a rimuovere le pietre. E poi è venuto tutto il resto del la- voro. Scuola (che serviva anche da chiesa), dormitori per gli stu- denti e dispensario (che sarebbe diventato poi un vero ospedale) sono state le prime costruzioni che ho fatto. Entro il 1965 sono riuscito a costruire anche una ca- setta per me. Cos’è che ti ha provato di più? La solitudine. È vero che il lavoro non mancava e attorno c’era la gente del villaggio, i bambini della scuola, i maestri e gli infer- mieri, ma, come missionario, ero solo. E alcune volte la solitudine diventava intollerabile, come è successo nel luglio 1964 dopo che il villaggio e la missione erano stati fatti bersaglio di un at- tacco notturno degli Shifta, quando ho mandato questo mes- saggio via radio a Nyeri: «Io sto male, ho bisogno che venga su- bito qualcuno». Un mio confra- tello, mio grande amico, ha subito accolto l’appello e quando, dopo un viaggio avventuroso, ha rag- giunto Laisamis sull’imbrunire, dal poggio della missione gli ho gri- dato: «Te l’ho fatta». Non ero am- malato, avevo solo bisogno di compagnia. Ovvio che poi c’erano altre diffi- coltà. Una delle più grandi era quella degli Shifta, banditi di ori- gine somala che terrorizzavano la popolazione razziando il be- stiame e uccidendo indiscrimina- tamente. Quando hanno attac- cato Laisamis, hanno fatto scap- pare tutta la gente, terrorizzata dalla loro violenza. Sono stato l’u- nico a rimanere, anche se da solo. Vani sono poi stati i miei ap- pelli affinché la gente tornasse. È stata solo la fame e la mancanza di pascoli che li ha convinti a rista- bilirsi attorno alla missione, dove, grazie al fiume stagionale, ave- vano cibo e acqua per il loro be- stiame. Intanto nel 1964 Marsabit era diventata diocesi, staccan- dosi da Nyeri, anche se le strutture erano minime e il vescovo viveva sotto una tenda. Il vescovo, sostenuto dall’arrivo di nuovi missionari - nel 1968 sa- rebbe arrivato anche un mio compaesano, padre Aldo Giu- liani, che era entrato in seminario dopo avere partecipato alla mia ordinazione sacerdotale - conti- nuava nel suo impegno per aprire e rafforzare nuove mis- sioni. Nel 1965 ha iniziato la mis- sione di Loyangallani, al Lago Ro- dolfo, e lo ha fatto con un mae- stro e un catechista, dopo che lì, il 19 novembre 1965, era stato brutalmente ucciso dagli Shifta il padre Michele Stallone. Così nel 1973 ha mandato me in quell’oasi verde sulle sponde pietrose del

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