Missioni Consolata - Ottobre 2021

zioni, Forlì, 1993). E in effetti l’oc- cidente non esitava a supportare e aiutare regimi antidemocratici al servizio di questa imposta- zione culturale centrata sul «noi», basti pensare al triste e re- pentino declino delle cosiddette «primavere arabe». LE TERAPIE Se dalla diagnosi si passa alle te- rapie, si torna una volta di più a Sofri e alla dicotomia carità/soli- darietà . Il Terzo mondo rimane povero perché l’aiuto è insuffi- ciente oppure perché le società del Sud sono inefficienti? Di nuovo la domanda centrale è «di chi la colpa?». In questi decenni una risposta parziale eppure convincente è la carenza di giu- stizia e diritti. Questa carenza, in- fatti, allarga la distanza econo- mica, sociale e culturale tra mondi diversi. Come mi disse Graziano Zoni, attivista di Em- maus e Mani Tese fino dagli anni ’60: «Il dare ha tollerato un sacco di ingiustizie e ne tollera ancora. Il dare degli aiuti non si pone il problema della giustizia» (A. Benci, Il prossimo lontano , Uni- copli, Milano, 2016). E quindi le stesse terapie pen- sate nell’alveo della coopera- zione con programmi di svi- parte di quei movimenti che vi- dero nella vittoria capitalista un rafforzamento delle politiche li- beriste e un impoverimento di quelle di welfare, in un’acce- zione nazionale come internazio- nale. Essere terzomondisti significò pertanto combattere e conte- stare una sorta di pensiero unico filo occidentale , rima- nendo nella trincea di una vi- sione minoritaria che vedeva nell’egoismo dei paesi ricchi la causa principale se non unica del malessere di quelli poveri. Le battaglie contro il debito dei paesi in via di sviluppo, contro il conformismo culturale, contro la globalizzazione, in definitiva erano un guardare al Terzo mondo «pensando a noi stessi». Il terzomondismo negli anni ‘90 fu un vettore di un malessere dif- fuso che portava con sé un ri- fiuto radicale della stessa globa- lizzazione. Era il rifiuto di quel- l’etnocentrismo che, nelle pa- role di Samir Amin, costituiva «una dimensione fondamentale dell’ideologia del mondo mo- derno» (S. Amin, Le conse- guenze dell’eurocentrismo in Terzo Mondo . Specchio e me- moria dell’Occidente , a cura di F. Slegato ed E. Zarelli, Macro Edi- luppo, accordi bilaterali, l’in- gresso delle agenzie delle Na- zioni Unite, il ruolo delle Ong, hanno mostrato e mostrano la corda. E questo perché un senti- mento terzomondista ancora presente e diffuso all’interno delle opinioni pubbliche suscita diffidenza nei confronti dei pro- grammi finanziati dai paesi ric- chi per far «sviluppare» quelli poveri . Non è forse un’altra forma, sia pure sottile e raffinata, di etnocentrismo? La contraddi- zione rimane: senza giustizia e quindi diritti, non vi può essere uno spirito di cooperazione vera tra le genti, e i fenomeni migra- tori degli ultimi anni sembrereb- bero ribadire questo concetto, come annotano gli studiosi che parlano di sviluppo diseguale come padre non solo di questo spostamento di massa epocale, ma anche dell’inserimento di un’intera generazione di africani e asiatici «nell’economia mon- diale come fornitori di manodo- pera migrante e nello stesso tempo come base per industrie occidentali itineranti» (C. Meilla- soux, Per chi nascono gli africani in Gli immigrati in Europa . Dise- guaglianze, razzismo, lotte , a cura di P. Basso e F. Perocco, Franco Angeli, Milano, 2003). A MC 59 ottobre 2021 MC Terzomondismo | Neocolonialismo | Cooperazione | Globalizzazione © Marco Bello

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