Missioni Consolata - Giugno 2021

motori accesi a bordo di due pick up tirati a lucido. Saldata sui cassoni, l’immancabile arti- glieria contraerea. Oltre a Ciccio e ad Ali, ci sono Mohamed, cinquantenne capo in seconda; Salam, appena diciot- tenne; Abdul-Kareem, trentenne; Amir, l’undicenne primogenito di Ali che maneggia il kalashnikov con la destrezza di un veterano. I thuwar , in tre per vettura, sono eccitatissimi. «Si va a caccia di negri a Tawergha», annuncia con un ghigno Ali. CITTÀ FANTASMA Tawergha, distante una quaran- tina di chilometri da Misurata, è stata ridotta a un cumulo di ma- cerie dalla furia della qatiba di Misurata. Prima della rivoluzione del 2011 era abitata dai circa 35mila neri discendenti degli schiavi condotti in Libia nel corso del XVIII secolo. Oggi è deserta. Gheddafi aveva piazzato ad hoc molti tawergha (pure il nome de- gli abitanti, ndr ) agli alti ranghi dell’esercito e della pubblica am- ministrazione. Durante la guerra, Tawergha era stata anche la base di lancio dei missili gover- nativi Grad che avevano messo in ginocchio Misurata. «Odiamo i negri tawergha - af- ferma senza giri di parole Moha- med - perché stuprarono le donne misuratine durante la guerra. Per questo ci siamo sca- tenati contro di loro». Mohamed, Salam e Ciccio, l’e- quipaggio del pick up che fa da apripista, giurano di non avere in famiglia casi di donne violentate. Difficile arrivare a un numero ap- prossimativo delle presunte vio- lenze sessuali perpetrate dai tawergha. L’Onu non dispone di dati attendibili. A Misurata c’è chi sostiene di avere visto i video degli stupri scovati nei cellulari confiscati ai prigionieri tawergha, ma sono immagini che con ogni probabilità non verranno mai uti- lizzate come prova davanti a un tribunale, soprattutto per la reti- cenza dei familiari delle vittime. Tawergha è una città fantasma. Mohamed ha una mano sul vo- lante e l’altra sul kalashnikov. Appena scorge in lontananza un cagnone nero che rovista tra i ri- fiuti in cerca di cibo, lo punta, si scaglia contro di lui a tutta velo- cità, caccia fuori dal finestrino del pick up l’arma e fa fuoco con la mano sinistra, non la sua pre- ferita. «Sarà appartenuto a un tawergha e quindi è un cane tawergha», urla e digrigna i denti. Manca di parecchio il ber- saglio. A tutta velocità i pick up percorrono quella grande gro- viera che è diventata la città. In- chiodano davanti a una villetta danneggiata esternamente dal fuoco e disabitata. «È questa qui. Dai, rapidi», urla Ali. Ha inizio lo spettacolo: Ali fa fuori due caricatori contro la cre- denza della cucina e un frigori- fero malandato; Mohamed mette in fila delle bottiglie, e questa volta centra ogni bersaglio al primo colpo; con una spranga di ferro Abdul-Kareem si scara- venta contro le pale di un venti- latore da soffitto; Salam sfonda a calci le ante di un armadio nella camera da letto dei bambini; il piccolo Amir raggruppa dei gior- nali ingialliti e gli dà fuoco senza riuscire ad appiccare un incen- dio: «La benzina! Dovevo portare la benzina!»; Ciccio urina sulle foto di famiglia trovate in un ripo- stiglio. Il tutto dura più di mezz’ora. Ali prende una mappa di Tawergha e con un pennarello fa una croce sul punto dove è segnata la vil- letta. «Ogni volta che visitiamo una casa - sorride il capo - la se- gniamo qui. Ci manca poco per passare al setaccio tutta la città». I TESORI DEI TAWERGHA Ciccio sussurra qualcosa all’o- recchio di Ali. «Ok ma fa presto. E se trovi qualcosa voglio la mia parte», gli risponde il coman- * LIBIA Qui sopra: un miliziano misura tino fa il segno di vittoria. Qui accanto: Tawergha, alcuni ne gozi dati alle fiamme, luglio 2012. In alto: un miliziano scarica il Kalashnikov su una casa di Tawer gha. A destra: una squadra di miliziani in ronda alle porte di Misurata. * * * * 12 giugno 2021 MC

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