Missioni Consolata - Gennaio/Febbraio 2021

E la chiamano economia 62 gennaio-febbraio 2021 MC tuale , richiamato come fonte giuridica. Detto accordo com- parve in bella mostra fra i sei trattati posti a fondamento della nuova architettura com- merciale internazionale, super- visionata da un nuovo organi- smo che debuttò nel 1994, sotto il nome di Organizzazione mon- diale del commercio (Omc, Wto per dirla all’inglese). LA RICERCA COSTA Nel Sud del mondo, uno degli ambiti dove più si sentirono gli effetti negativi del giro di vite operato sui brevetti, fu quello farmaceutico. Fino ad allora vi erano stati paesi, fra cui India, Brasile, perfino Thailandia, dove l’assenza di obblighi di licenza verso i soggetti esteri proprie- tari delle formule aveva per- messo il fiorire di un’industria farmaceutica locale che produ- ceva farmaci a prezzi molto più bassi di quelli commercializzati dalle imprese proprietarie dei brevetti. La spiegazione fornita dalle grandi case farmaceutiche a giustificazione degli alti prezzi di vendita applicati sui propri prodotti è che la ricerca costa , a volte anche molto, mentre il tempo a disposizione per recu- perare i soldi investiti non va ol- tre i venti anni. Periodo dopo il quale ogni formula può essere usata liberamente dando luogo ai così detti farmaci generici. Considerato l’alto tasso di se- scorso, quando lo sviluppo dei trasporti e delle nuove tecnolo- gie di comunicazione avevano intensificato gli interscambi pla- netari a tal punto che tutti i paesi si erano convinti della ne- cessità di facilitare ulterior- mente l’integrazione economica mondiale. Insomma tutti pensa- vano che fosse conveniente per ognuno aprirsi ai rapporti con gli altri, ma per riuscirci bisognava rendere i confini più porosi. Na- sceva la globalizzazione che fondamentalmente chiedeva alle nazioni di tutto il mondo di ridurre al minimo i dazi doganali e di abbassare il più possibile le regole di carattere ambientale, sanitario, sociale, in modo da creare meno ostacoli possibile al fluire di merci, capitali e pro- cessi produttivi. In tutti gli ambiti fuorché uno: quello dei brevetti per i quali si chiedeva l’innalza- mento di barriere protettive. La costruzione di un mondo pensato più per merci, capitali e interessi industriali che per le persone, esigeva l’adozione di una serie di nuove regole che ri- chiese un intero decennio di trattative internazionali sui temi più disparati. Fra essi quello re- lativo alla protezione della pro- prietà intellettuale per il quale venne costituito un apposito ta- volo che, alla fine, partorì un ac- cordo denominato Trips, Ac- cordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellet- fini nazionali, per cui non scon- giuravano il rischio che le inven- zioni potessero essere copiate da soggetti esteri. Nel 1873 que- sta paura divenne così dilagante da mandare deserta la più im- portante fiera internazionale delle invenzioni che si teneva a Vienna. Tanto che nel 1883 i go- verni degli undici paesi più indu- strializzati si ritrovarono a Parigi con l’intento di formare un’area di protezione comune, all’in- terno della quale i brevetti rila- sciati in un qualsiasi paese fir- matario valessero anche negli altri. L’accordo, che prese il nome di Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, prevedeva anche l’i- stituzione di un organismo di vi- gilanza denominato Birpi, Ufficio internazionale per la protezione intellettuale. Nel 1967 il Birpi venne soppresso e sostituito con la Wipo, Organizzazione mondiale per la protezione in- tellettuale , elevata addirittura al rango di Agenzia speciale delle Nazioni unite. L’istituzione della Wipo fu il primo passo per estendere la protezione della proprietà intel- lettuale, ossia delle invenzioni e delle scoperte scientifiche, a li- vello mondiale. Fino ad allora tale problema non era sentito perché il mondo industrializzato era circoscritto a una manciata di paesi, collettivamente definiti Nord del mondo, che già ave- vano adottato regole comuni. I BREVETTI AI TEMPI DELLA GLOBALIZZAZIONE Col passare degli anni, altri paesi del cosiddetto Sud del mondo, in particolare Brasile, Argentina, India, Cina, Suda- frica, cominciarono a sviluppare il proprio apparato produttivo e fra le imprese del vecchio mondo industrializzato tornò la paura di essere derubate delle proprie invenzioni. Così sorse il problema di come obbligare an- che i paesi del Sud ad adottare le stesse regole di protezione di proprietà intellettuale che il Nord applicava già da decenni. L’occasione si presentò a metà degli anni Ottanta del secolo © Thomas Breher - Pixabay

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