Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2020

molte donne si sono trovate costrette a rinunciare ai loro piccoli lavori per dedicarsi ai fi- gli. STORIA DI LUIZIANA Molte famiglie della comunità sono state contagiate dal virus. Come nel caso della famiglia di Luiziana. Il marito della donna lavora per una ditta che distri- buisce carne di bovino nei mer- cati e negozi del centro di Belém. L’uomo, quarantenne, ha iniziato a sentirsi male durante le prime settimane di maggio e poco dopo ha contagiato tutta la famiglia. I figli adolescenti non hanno avuto grandi ripercussioni, men- tre Luiziana e il marito non riu- scivano nemmeno a respirare. La donna aveva tutti i sintomi del Covid-19, ma non le hanno fatto alcun tampone. Dopo aver eseguito una radiografia ai pol- moni, e vedendo che le condi- zioni si stavano aggravando, il medico le ha prescritto una se- rie di antibiotici che fortunata- mente hanno scongiurato il peggio. Lei, come il marito, hanno con- tratto il coronavirus, ma non sono stati inseriti nei conteggi nazionali. Questo avviene molto spesso anche per le morti le- gate al Covid-19, perché, non venendo fatti gli esami di accer- tamento, esse vengono classifi- cate come morti comuni o morti per insufficienza respiratoria. At- tualmente (13 luglio) il Brasile ha superato i 72mila decessi, ma la realtà potrebbe essere molto più tragica. Il marito di Luiziana, una volta attenuatisi i sintomi della malat- tia, non ha fatto nemmeno i quattordici giorni d’isolamento preventivo ed è rientrato subito a lavorare per non perdere l’u- nica entrata sicura di cui la fami- glia può disporre. Il suo datore di lavoro gli ha detto di non preoccuparsi. Sicuramente an- che tutti i suoi colleghi avevano contratto il virus e quindi era meglio per lui rientrare se non voleva perdere il posto. L’uomo, padre di due ragazzi, non ha avuto altra scelta. Luiziana lavorava part time come donna delle pulizie in una scuola vicino alla favela, ma con la chiusura di quest’ultima è della comunità di Che Guevara vi ha prestato molta attenzione. Il 25 maggio hanno iniziato a riaprire quasi tutte le attività commerciali, anche se, in realtà, la diffusione del virus non era in calo. I timori della classe politica locale si sono però rivolti verso l’economia: sembrerebbe che, per molti, la paura maggiore sia la crisi economica che, in verità, già ha manifestato i suoi effetti. Molte persone, soprattutto quelle che vivono ai margini, hanno perso il lavoro; i beni di prima necessità, come il riso e i fagioli, stanno drasticamente aumentando di prezzo. Per tutto questo, le fasce più vulnerabili hanno iniziato ad avere timore per il loro futuro. Gli ospedali e i posti di salute vi- cino alla favela Che Guevara sono tutti al collasso. Molti me- dici non operano più perché so- stengono di aver contratto il vi- rus. Secondo gli abitanti della zona, invece, non vogliono ri- schiare di ammalarsi, soprat- tutto se devono salvare le vite di qualche favelado . Durante le prime settimane di quarantena preventiva, era quasi impossibile trovare ma- scherine o alcol gel, la nostra Amuchina. In favela, molte donne cucivano le mascherine a mano, per poi rivenderle a buon prezzo, ma oggi le esigenze sono cambiate dato che il virus ha stravolto la vita quotidiana. Con la chiusura delle scuole, Favelas | Disgregazione familiare | Narcotraffico Qui sopra: Sila, 10 anni, orfano di padre, con il gallo che solo lui rie sce a prendere. | A lato: due bam bini davanti all’entrata della loro casa, il frigorifero è stato trovato per strada e serve da armadio. | A sinistra: Luiziane è stata una delle prime persone ad ammalarsi di Covid 19 nella favela Che Guevara; le sue radiografie ancora mostrano problemi a livello polmonare. | Il pianto di un’anziana signora sola, nella stanza della sua abitazione. * MC A 59 agosto-settembre 2020 MC

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