Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2020

un certo dominio sulle altre chiese e che non guarda con enorme favore l’impostazione teologica di Paolo. Probabilmente anche con la chiesa di Antiochia il rapporto non è più idilliaco come in pas- sato. Luca, pur cercando di smussare la realtà, infatti, deve ammettere che la missione pao- lina verso i non ebrei, con la messa in discussione della legge mosaica, ha inquietato di- versi cristiani della prima ora, che si sentono ancora innanzi- tutto «ebrei» (come abbiamo vi- sto leggendo At 15). Come dicevamo sopra, anche ciò che non si dice è significa- tivo. Paolo, già guida di Antio- chia (At 13,1) e capofila della missione ai non ebrei, torna da un viaggio che lo ha tenuto im- pegnato per almeno due anni, e tutto quello che Luca ha da dire è che: «Salì a Gerusalemme a salutare la Chiesa e poi scese ad Antiochia. Trascorso là un po’ di tempo, partì» (At 18,22- 23). Luca dice troppo poco, e noi non possiamo fare a meno d’insospettirci. Paolo sente freddezza intorno a sé. Forse per questo motivo, prima di arri- vare a Gerusalemme trova il tempo di «sciogliere un voto» (18,18), adempiendo una con- suetudine ebraica che «sapeva di vecchio»: consisteva nell'a- stenersi dal radersi (almeno i capelli) e dal bere vino per un certo tempo, come invocazione o ringraziamento a Dio. Si di- rebbe quasi che Paolo si impe- gni in questa devozione come gesto di buona volontà verso i cristiani più conservatori. Forse inutilmente. E intanto deve continuare ad af- frontare le sfide di coloro che si sentono infastiditi dal suo modo di fare. Anche a Corinto ed Efeso, infatti, c’è chi cerca di bloccare «dall’esterno» la sua predicazione. A Corinto, come era già successo in tanti luoghi, sono gli ebrei a cercare di de- nunciarlo, con dei risultati tragi- comici e non del tutto compren- sibili (18,12-17). A Efeso è invece un orafo a sobillare la folla (19,23-40): la predicazione cri- una chiesa in uscita stiana inizia a dare fastidio an- che al paganesimo, e in uno dei suoi centri più rinomati e ricchi! In entrambi i casi non riescono a fermare l’annuncio: a Efeso è il cancelliere della città a invitare gli agitatori a calmarsi, a Corinto è lo stesso governatore a san- cire che in ballo c’è solo una questione religiosa, interna agli ebrei. Se questo da una parte dice, so- prattutto a noi, che almeno per gli osservatori esterni cristiane- simo ed ebraismo non erano an- cora ben distinti, dall’altra in- dica, soprattutto ai lettori del tempo di Luca, che le autorità romane sono state più volte chiamate a prestare attenzione al nuovo movimento, e ad ana- lizzarlo sono stati i loro rappre- sentanti più alti, senza che que- sti trovassero nulla di legal- mente inquietante. Il cristiane- simo disturba, agita, tocca inte- ressi economici, ma non è con- tro l’ordine costituito. Per chi cresceva nell’Impero Romano, imparando ad apprezzarne l’or- dine, era un particolare signifi- cativo. Angelo Fracchia (17-continua) gnarsi, sia pure senza tutte le carte in regola!). La prima chiesa cristiana, che, come abbiamo vi- sto, non è senza difetti, su que- sto sa restare aperta, convinta che solo lasciando spazio all’ini- ziativa umana si dà spazio allo Spirito Santo. Il terzo aspetto è il più significa- tivo: la relazione personale con Dio. Questa è fondamentale e ineliminabile, e si ottiene (al tempo degli Atti, ma anche nel nostro XXI secolo) solo con l’a- pertura allo Spirito. Se con Apollo basta integrare la sua formazione, con gli altri fratelli occorre battezzarli perché co- noscano e ricevano lo Spirito, perché senza quello non si è cri- stiani. E chiunque sia nato dallo Spirito, che non si sa da dove venga o dove vada (Gv 3,8), è una continua scoperta e sor- presa. Perché lo Spirito dà il dono della vita, la quale è arric- chente e appagante se solo si accetta di non ingabbiarla. Una forma di ingabbiamento, ad esempio, è quella di ridurre il Vangelo a formule e magia. Senza relazione con Dio, con lo Spirito, si è fuori strada. È quello che, pur con un tono un po’ fa- volistico, si racconta dei figli di un certo Sceva, esorcisti itine- ranti (At 19,13-17). Dio è per la vita, e per la vita piena, ma solo in una relazione con lui che sia autentica e sincera, personale e quindi senza usare Dio come un amuleto. RAPPORTO CON I POTERI Il Vangelo non è astratto, atem- porale. La vita della chiesa è in- carnata. Paolo e la chiesa tutta devono fare i conti con i poteri che, storicamente, si trovano davanti. In particolare, devono rappor- tarsi con il potere civile, che è costituito dai rappresentanti del- l’Impero Romano, e con quello religioso, che ancora passa da una chiesa centrale in Gerusa- lemme che vorrebbe esercitare 34 agosto-settembre 2020 MC © AfMC / Giuseppe Ettorri

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