Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2020

* ITALIA " Occorre rivalutare i luoghi nei quali viviamo, e dare valore alla prossimità. 22 agosto-settembre 2020 MC ha fatto capire che il modello sa- rebbe adatto anche ai centri ur- bani più grossi. Le coop di comunità nascono per valorizzare aree impoverite o vulnerabili, per ripristinare e sal- vaguardare beni comuni o fun- zioni pubbliche, per cogliere op- portunità economiche nascoste, o avviare processi di innova- zione in senso comunitario. Sono protagoniste della rinascita dei servizi più disparati: dal turi- smo al welfare, alla cultura, alla produzione agricola, e così via. Il venir meno di un servizio o di un’attività economica in un paese, dunque, fa aguzzare l’in- gegno e sperimentare nuove forme di collaborazione. «Le cooperative di comunità sono costituite da imprese e abitanti di un territorio, in genere con dei problemi di impoverimento so- ciale ed economico, che inten- dono collettivamente intrapren- dere attività o servizi che né il mercato né lo stato riescono a garantire, al fine di migliorare la vivibilità di quella realtà», spiega Giovanni Teneggi, animatore delle maggiori cooperative di co- munità in Italia. «Sono coopera- tive nelle quali i soci, riunendosi, non attivano solo iniziative fina- lizzate alla mutualità interna, ma rispondono anche a interessi più generali della collettività». E l’Italia non è l’unico paese che sperimenta queste forme di col- laborazione dal basso. Secondo lo «Studio di fattibilità per lo svi- luppo delle cooperative di comu- nità», pubblicato nel 2016 dal Mise (ministero dello Sviluppo economico), «a livello internazio- nale, in altri paesi europei esi- stono da anni alcuni modelli di impresa “comunitaria” che pre- sentano specificità e caratteristi- che che possono essere parago- nate alle cooperative di comu- nità italiane [...]. Tra queste le esperienze più significative si trovano nel Regno Unito, in Fran- cia e in Germania». QUINDI COSA SONO? Le cooperative di comunità sono vite, sogni, culture, conversa- zioni, voglia di fare, genuinità, semplicità, volti, competenze, e tutto questo tradotto in econo- mie possibili. Costituire una coop di comunità significa: «Fare qual- cosa / per la comunità / con la partecipazione della comunità / attraverso un’impresa». Fare qualcosa , cioè riaprire un bar o un hotel abbandonato, or- ganizzare percorsi turistici, pulire i boschi, cucinare quel piatto che la tradizione del territorio cono- sce e riconosce, riprendere in mano alcune vocazioni specifi- che che ogni territorio ha e che erano andate perdute, o sco- prirne di nuove. Per la comunità: quali sono le vocazioni del territorio? Quali sono i sogni che abitano dietro le porte e le finestre dei citta- dini? Quali sono le competenze degli anziani che potrebbero es- sere portate alla luce e diffuse? Quali sono i bisogni dei cittadini? Cosa sta venendo a mancare? Con la partecipazione della co- munità , ossia di Carlo, il conta- dino burbero che al momento del bisogno ti viene a prendere con il suo trattore; di Giovanni che ha un’azienda di pellame ed esporta in giro per il mondo; di Maria, professionista che vive a Milano e che desidera tornare nel suo paese nativo per mettere in pratica lì ciò che ha imparato; ma anche di Chiara, mamma da qualche mese che ha perso il la- voro a causa della crisi; di Paola che con il suo negozio di alimen- tari vorrebbe fare qualcosa di più ma non sa come. Attraverso un’impresa: la parola «impresa» per Treccani «indica per lo più azioni, individuali o collettive, di una certa impor- tanza e difficoltà». Si usa in espressioni come «impresa ar- dua», «impresa eroica», «l’im- presa di Cesare». L’impresa è anche un soggetto economico che lavora e dà lavoro, e che, a tutti gli effetti, ha di fronte un cammino arduo con i suoi rischi. WELFARE DAL BASSO Lo spirito di queste organizza- zioni, che agiscono come «risve- gliatrici di sentimenti», è quello d’incentivare l’innato istinto di © Briganti di Cerreto / Erika Farinai © Briganti di Cerreto / Erika Farinai

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