Missioni Consolata - Aprile 2020

* IL LIBRO INCHIESTA DEL GIORNALISTA OLIVIER VAN BEEMEN Heineken in Africa O livier van Beemen, ha dedicato sei anni a investigare il giro d’affari in Africa di una delle più grandi multi- nazionali della birra al mondo: l’olandese Heineken. Un’azienda dalla reputazione im- peccabile, con 165 birrifici in 70 paesi, i cui profitti nel continente superano del 50% la media dei suoi profitti nel mondo, che consi- dera l’Africa, per bocca del suo stesso ammi- nistratore delegato Jean-François van Box- meer, «il segreto meglio custodito dell’im- prenditoria internazionale». Inviato dal quotidiano olandese «Financieele Dagblad» a seguire la Rivoluzione dei gelso- mini in Tunisia nel 2010, van Beemen ha sco- perto per caso alcuni legami tra il gigante della birra e un uomo d’affari vicino all’ex dittatore Ben Ali. Da lì ha avuto inizio una lunga inchiesta che ha portato a risultati sconcertanti: in diversi paesi africani van Beemen ha portato alla luce casi di collusione, corruzione, abusi ses- suali, prostituzione, elusione fiscale, viola- zione dei diritti umani, nei quali sarebbe coinvolta la Heineken. Fino al genocidio ruandese del 1994, nel quale, secondo la rico- struzione fatta dall’autore, la multinazionale della birra avrebbe avuto un ruolo impor- tante. La sua inchiesta è confluita in un libro, Hei- neken in Africa. La miniera d’oro di una multi- nazionale europea , pubblicato recentemente in Italia da ADD editore (Torino 2020, pp. 336, euro 16,00). In esso l’autore solleva molti dubbi sul ruolo di Heineken che dichiara di essere un forte agente di sviluppo in molti paesi africani, ma anche sulle multinazionali che operano nel continente in generale. Abbiamo intervistato il giornalista in occa- sione dell’uscita dell’edizione italiana. Un giornalista olandese alla scoperta degli affari africani, non sempre limpidi, di una delle multina- zionali più conosciute e amate del suo paese. PRENDI IL LIBRO E MANGIA MC R librarsi di Chiara Brivio Perché ha scelto Heineken per la sua inchiesta? «È stato in Tunisia che è iniziato tutto, quando ho scoperto che lì Heineken aveva intrapreso una collaborazione con un membro del clan familiare dell’allora dit- tatore Ben Ali. Sono rimasto scioccato dal fatto che una mul- tinazionale di quel calibro po- tesse mentire così apertamente: Heineken infatti negava di aver mai fatto affari con qualcuno che facesse parte di quel clan, mentre in realtà era il contrario e aveva legami con la dittatura. Successivamente ho scoperto che Heineken aveva un enorme giro d’affari in Africa e che pos- sedeva birrifici in diversi paesi. Il mio stesso governo negli anni ha elargito a Heineken milioni di euro dei contribuenti olandesi sotto forma di sussidi, perché crede che l’azienda contribuisca allo sviluppo in Africa. Ho pensato che sarebbe stato interessante approfondire se veramente Heineken aiuta lo sviluppo. Attenzione agli spoiler: è vero il contrario». Il consumo di birra in molti paesi dell’Africa è molto elevato. Come mai? «Molte società africane hanno delle tradizioni birraie che risal- gono a tanti secoli fa. Le birre locali hanno una percentuale di alcool del due o tre per cento, e hanno come base il sorgo, la cassava, il miele e altri ingre- dienti. La birra a volte svolge an- che un ruolo importante nei ri- tuali e nelle cerimonie. Ciò signi- fica che l’Africa è un mercato molto allettante per l’industria della birra occidentale, che fa di tutto per spingerne il consumo. La misura standard di una botti- glia nella maggior parte dei paesi africani è di 60 cc (ad esempio in Nigeria) e di 75 cc (in Sudafrica). I consumatori bevono facil- mente anche cinque, sei, per- sino dieci bottiglie al giorno. Senza dimenticare che Hei- neken e i suoi concorrenti sono 81 aprile 2020 MC

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