Missioni Consolata - Aprile 2020

quinamento da plastica nel Me- diterraneo colpisce l’economia dei paesi costieri; ne risultano penalizzati soprattutto i settori della pesca e del turismo. Per quanto riguarda la pesca, la pla- stica provoca una riduzione del numero di catture, danni alle im- barcazioni e alle attrezzature e riduzione della domanda di pro- dotti ittici da parte dei consuma- tori, per timore di contamina- zioni. In questo settore, l’Unione europea registra, a causa della plastica in mare, una perdita di circa 61,7 milioni di euro l’anno. Riguardo al turismo, spiagge e porti sporchi possono allonta- nare i turisti, con una ricaduta sui posti di lavoro in questo settore. Per scongiurare che accada tutto ciò, nelle località colpite au- mentano i costi per la pulizia de- gli stabilimenti balneari e delle zone portuali. PLASTICA RECUPERATA, BRUCIATA, SPEDITA L’elevata presenza di plastica nel Mediterraneo è correlata alla produzione di questo materiale e alla sua dismissione. Dai dati del Wwf, l’Europa risulta il se- condo produttore di plastica mondiale, dopo la Cina. Nel 2016 in Europa sono stati pro- dotti 60 milioni di tonnellate di plastica, di cui 27 milioni si sono 61 aprile 2020 MC anche se in esso non si trovano isole, essendo la plastica più di- spersa. Per le sue peculiari ca- ratteristiche geografiche, es- sendo un mare semichiuso, cir- condato da tre continenti e inte- ressato da molteplici attività umane, il Mediterraneo, che rap- presenta solo l’1% di tutti i mari, contiene una concentrazione di microplastica quasi 4 volte supe- riore a quella di una delle grandi isole oceaniche, raggiungendo il valore di 1,25 milioni di fram- menti di microplastica per km 2 mentre si arriva a 10mila fram- menti per km 2 nei sedimenti. Questa situazione è dovuta al fatto che, nel Mediterraneo, la plastica permane molto a lungo, senza fuoriuscirne e frantuman- dosi ripetutamente fino a rag- giungere dimensioni infinitesi- mali. La plastica rappresenta circa il 95% di tutti i rifiuti rinve- nuti nel Mediterraneo. Ogni anno nei mari europei, in primis proprio nel Mediterraneo, fini- scono tra le 150mila e le 500mila tonnellate di macropla- stica e tra le 70mila e le 130mila tonnellate di microplastica. Quella del Mediterraneo è il 7% della microplastica globale. I paesi che maggiormente rila- sciano plastica nel Mediterraneo sono la Turchia (144 tonnellate/ giorno), la Spagna (126), l’Italia (90), l’Egitto (77) e la Francia (66). La popolazione costiera del Mediterraneo è di circa 150 mi- lioni di persone, che producono tra i 208 e i 760 kg di rifiuti solidi urbani pro capite l’anno. Alla po- polazione stanziale vanno ag- giunti circa 200 milioni di turisti l’anno, che visitano le coste me- diterranee, con un aumento del 40% dell’inquinamento soprat- tutto nella stagione estiva. Le principali vie fluviali della pla- stica verso il mare sono rappre- sentate dai grandi fiumi, che sfo- ciano nel Mediterraneo come il Nilo, l’Ebro, il Rodano, il Po, il Ceyhan e il Seyhan. Oltre al danno ambientale, il notevole in- trasformati in rifiuti. Solo il 31% dei rifiuti in plastica sono stati ri- ciclati, il 27% è andato in disca- rica e il rimanente è stato utiliz- zato per il recupero energetico. In pratica attualmente viene rici- clata solo un terzo della plastica prodotta, cioè quella del packa- ging e questo per motivi tecnici ed economici. Solo le plastiche omogenee, come quelle per gli imballaggi possono essere tritu- rate, lavate, fuse e quindi rigra- nulate (la manifattura di prodotti plastici parte da granuli e piccole palline di resina dette pellets o nibs, come materia prima), men- tre le plastiche miste, tra cui le pellicole per alimenti, finiscono nei termovalorizzatori e nei ce- mentifici oppure in discarica. In quest’ultimo caso si crea un ulte- riore problema perché spesso gli imprenditori che gestiscono le discariche, pur di non pagare per lo smaltimento della plastica stoccata, danno fuoco alla disca- rica (in Italia sono bruciate oltre 100 tra discariche e aziende di ri- ciclaggio negli ultimi due anni) o ne inviano il contenuto in paesi con leggi ambientali poco effi- caci a contrastare l’inquina- mento, come la Malesia, che si sta trasformando nella nuova «Terra dei fuochi», dove bru- ciano sia i rifiuti locali che la spazzatura proveniente dall’Oc- Qui: oggetti di plastica recuperati nel mare norvegese. * Cosa si trova Spiagge della nostra inciviltà G li oggetti in plastica più comunemente rinvenuti sulle nostre spiagge sono piccoli frammenti, tappi, cotton fioc, pezzi di polistirolo, bottiglie, contenitori per alimenti, cannucce e posate. Oltre a questi, sulle nostre spiagge e in acqua si rinvengono spesso mozziconi di siga- retta, che vengono gettati ogni anno nella ragguardevole cifra di 3mila miliardi a livello globale e che rappresentano una notevole fonte d’inquinamento perché, una volta giunti in mare, rilasciano nicotina, catrame e la plastica che li compone, cioè l’acetato di cellulosa, che si disgrega in mi- croplastica. I mozziconi, oltre a rappresentare una fonte di inquinamento, sono anche un grave pericolo per diverse specie di animali marini, che li scambiano per prede. (Rnt) *

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