Missioni Consolata - Dicembre 2019

44 MC DICEMBRE2019 D «P er me è stato un privilegio incon- trare le Famiglie missionarie a km0. Io le leggo come un segno che lo Spi- rito ci dà per dire come incarniamo la fede oggi. Sono una realtà giovane che va aiutata a crescere e a scoprire il mistero che porta dentro. Allo stesso tempo sono un dono che interroga la Chiesa, e che mette in luce quanto essa sta cam- biando». Monsignor Luca Bressan è sacerdote della diocesi di Milano dal 1987, dal 2012 è vicario episcopale per la cultura, la carità, la missione e l’azione sociale, «ovvero - ci dice -, quella parte di azione pastorale che intercetta la cultura, il mondo, la società, e quindi ne legge i cambiamenti». È coinvolto nell’accompagnare quelle famiglie che nella sua diocesi incarnano la condizione di «Chiesa in uscita» abitando una struttura eccle- siale, e ce ne offre una lettura di ampio respiro. Don Luca, a proposito di Chiesa che cambia, in un tuo intervento di qualche mese fa a Padova, proprio riferendoti alla Chiesa, hai parlato di «tornante storico». Ci puoi spiegare? «Tutti ci accorgiamo che la Chiesa cambia, non solo perché i presbiteri sono meno, ma perché sono meno anche i battesimi. La Chiesa ha un’inci- denza minore nella storia. Il Concilio ci insegna che dobbiamo abitare questo cambiamento senza stancarci. Il rischio, però, è di interpretare questo “non stancarci” in modo troppo attivo: “Siamo noi che agiamo sulla riforma della Chiesa, che la mettiamo al passo con i tempi”. Invece, più che disegnare a tavolino quale sarà la forma futura della Chiesa, è molto meglio fermarsi e vedere come lo Spirito suscita vocazioni diverse, modi differenti di dire la fede. Veniamo da un passato in cui la fede era incarnata soprattutto dalla vita religiosa, dall’esercito di suore che, accanto ai malati, agli abbandonati, ai bambini, raccontavano alla gente la gratuità del- l’amore di Dio. Ecco, adesso quell’esercito di reli- giosi, religiose, preti, sta venendo meno, e corriamo il rischio che la Chiesa diventi “un’agenzia di servizi” a cui ricorrere per una preghiera, una prestazione. La presenza delle Famiglie missionarie a km0 ci ri- corda che è ancora possibile vivere una logica di gratuità. Avere queste famiglie non significa avere manodopera in più, ma delle persone che scrivono la presenza di Gesù nel quotidiano». Le Famiglie missionarie a km0 sono una nuova forma di presenza della Chiesa nella società? «Sì, noi la leggiamo in questo modo. Per questo la vogliamo accompagnare. È una freccia che ci in- dica nuove forme di presenza. Non in alternativa, non in sostituzione alle forme organizzate, al mini- stero presbiterale ad esempio, ma proprio come forma di aggiunta. Il valore profetico che c’è in quest’esperienza è l’idea della fraternità missionaria che fa vedere come insieme si viene trasfigurati dalla fede, dal Vangelo che si vive, e quindi lo annuncia». La fraternità è una delle caratteristiche fondanti di quest’esperienza, come si esprime? «Questo dipende dalle situazioni. Ci sono luoghi nei quali la fraternità s’incarna in una frequenza fi- sica e quotidiana, ci sono luoghi in cui la famiglia abita dove una volta c’era il prete e ora il prete non c’è più, per cui la fraternità è più vincolata a mo- menti e orari. C’è una fraternità quotidiana vissuta localmente che si esplicita in modi diversi. Poi c’è una frater- nità più ampia che riguarda l’intera esperienza delle Famiglie missionarie a km0, che vuole essere uno spazio nel quale, ad esem- pio, si confrontano i tanti carismi da cui le coppie provengono: il mondo della missione, quello francescano, gli scout, Cl, famiglie legate a A COLLOQUIO CON MONSIGNOR LUCA BRESSAN Scrivere la presenza di Gesù nel quotidiano L’esperienza milanese delle famiglie missionarie in canonica sono una freccia che indica nuove forme di presenza della Chiesa sul territorio. La quotidianità, la fraternità, la sobrietà, l’accoglienza, sono alcuni dei suoi strumenti principali per incarnare la fede nella Chiesa e nel mondo che cambiano. © Diocesi di Milano

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