Missioni Consolata - Dicembre 2019

DICEMBRE2019 MC 41 D della casa Santa Barbara non è l’unica iniziativa so- ciale: «Qui in canonica, ad esempio, ospitiamo quat- tro famiglie e quattro persone singole - ci spiega -. È una struttura molto grande, e il mio predeces- sore ne ha tratto otto bilocali. Gli ospiti hanno tutti situazioni difficili. Innanzitutto economiche, ma anche di fragilità psicologica, sociale. Oggi abbiamo ospiti di tre etnie e tre religioni diverse. C’è un dia- logo interreligioso di fatto in un bel clima di ri- spetto. Le famiglie fanno una convenzione per undici mesi rinnovabili, ma alcuni non riescono ad andarsene anche quando avrebbero la possibilità economica di farlo: c’è una coppia marocchina con due figli, ad esempio, che lavora e potrebbe pagare un affitto altrove, ma nessuno vuole dare loro il proprio appartamento...». L’esperienza della casa Santa Barbara, dove ora vi- vono Emanuela e Nicola «è nata circa 20 anni fa - ci racconta don Claudio -. Una persona aveva donato una struttura alla parrocchia con l’impegno di atti- vare qualcosa per i poveri. Il parroco di allora, don Angelo Stella, ha costruito l’attuale condominio grazie all’istituto per il sostentamento del clero. Poi, il parroco successivo, don Valentino Vaccaneo, ne ha fatto una casa di accoglienza per donne sole, e una coppia di parrocchiani, Anna e Franco Fo- glino, è andata a viverci dedicando all’accoglienza 18 anni di vita con grande generosità e competenza. Quando sono arrivato io sette anni fa, mi hanno chiesto di trovare un’altra famiglia, e la provvi- denza, nel 2016, ha mandato Emanuela e Nicola». Uno spazio nel quale ricostruirsi Salutiamo don Claudio e ci lasciamo guidare da Emanuela verso via Santa Barbara. «Accogliamo donne sole in difficoltà - ci spiega lungo la strada -. Sono donne spesso segnate da rapporti difficili con le famiglie di origine o con i compagni. L’obiettivo della casa è offrire un tempo di ripartenza verso una vita autonoma di massimo due anni. Le donne vengono segnalate dai servizi sociali o da associa- zioni. A ognuna chiediamo di partecipare alle spese della casa. Quando non possono ci aiutano gli enti che ce le mandano: i servizi sociali, Caritas o altri. Noi diamo una mano a queste donne nelle cose di ogni giorno come buoni vicini di casa: stampare la pagella dei figli, scrivere il curriculum vitae, e cer- chiamo di attivare reti di aiuto informali. La loro provenienza è varia. Negli ultimi tre anni abbiamo avuto con noi donne dalla Romania, dalla Tunisia, dal Marocco, dalla Bulgaria, dall’Italia». Le attuali ospiti sono tre donne africane: «Una è madre di un ragazzo di 12 anni con disabilità. In- sieme a loro c’è anche la nonna. Hanno da poco avuto l’assegnazione di una casa popolare». La se- conda è di origine marocchina con un bimbo pic- colo: «Sta affrontando una separazione difficile. Ha bisogno di un tempo in cui seguire le pratiche legali, trovare un lavoro, e riprogettare la sua vita». La terza è una mamma originaria della Nige- ria, con una bimba di dieci mesi. «È stata battez- zata in parrocchia a Cristo Re. Lì ha battezzato anche la sua bimba. Era in un Cas (Centro di acco- glienza straordinaria, ndr ) di Alba, poi è stata spo- stata in un Cas di un’altra città. Quando ha ottenuto la protezione internazionale, le abbiamo proposto di tornare qui come segno di cura da parte della comunità che l’ha accompagnata al battesimo. Lei è molto contenta di essere di nuovo ad Alba dove si è ben integrata anche grazie al- l’aiuto di associazioni del territorio. È molto moti- vata a ripartire». Condividere tempi e luoghi Arriviamo in via Santa Barbara 4. Dietro la palaz- zina s’intravede un cortile. Di fronte, dall’altra parte della strada, c’è un palazzo di cinque piani, di quelli i cui alloggi negli annunci immobiliari recano la scritta «finiture di pregio». Entriamo nell’androne sul quale si affacciano tre porte: una è del centro di ascolto Caritas della par- rocchia; un’altra è di uno degli alloggi per l’acco- glienza, la terza dà su un monolocale a uso comune. I volontari l’hanno sistemato due mesi fa, e ora è at- trezzato con una cucina, un tavolo e alcune sedie. Qui tutti i giovedì vengono alcuni ragazzi scout e delle parrocchie vicine a far giocare i bambini della casa. «Un altro gruppetto di giovani viene il sabato © Luca Lorusso

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