Missioni Consolata - Giugno 2019

scienza e spettacolo si mischiano in una serie di eventi memorabili coinvolgendo moltissimi dei due- centomila abitanti di Trondheim e trasformando questa cittadina in una capitale della cultura scien- tifica, umanistica e artistica. L’atmosfera tranquilla, ma al tempo stesso pregna di stimoli intellettuali di Trondheim, associata al- l’eccellente livello di insegnamento impartito nel- l’Ntnu ha fatto sì che i suoi ricercatori e studenti siano contesi da compagnie e centri di ricerca di tutto il mondo: «Potenzialmente abbiamo un tasso di disoccupazione inferiore allo zero», scherza Magnhild, la ragazza che viaggia con Morten. Lei, dopo la laurea, è tornata a Tromso, la cittadina dove è nata, per lavorare in una compagnia che si occupa di energie rinnovabili. Magnhild è andata a Oslo a trovare la famiglia di Morten e quest’anno hanno deciso di tornare a Trondheim percorrendo a piedi i 643 chilometri del «Sentiero di Sant’Olav» ( foto alle pagine 41-42 ), il cammino di pellegrinaggio che, partendo dalla Vecchia Chiesa di Aker ad Oslo termina alla cattedrale di Nidaros, dove nell’XI se- colo fu sepolto Olav Haraldsson (995-1030), il Rex Perpetuus Norvegiae e patrono della nazione (non- ché santo e martire per la Chiesa cattolica). «Non siamo credenti, anzi siamo atei convinti, ma abbiamo approfittato di trascorrere quattro setti- mane a stretto contatto con la natura per racco- gliere dati sui cambiamenti climatici per le nostre ricerche». Il Sentiero di Olav, l’università di Trondheim, la passione di Morten e Magnhild per la natura - espressione del friluftsliv 1 che accomuna i norve- gesi - e il rispetto verso l’ambiente sono le basi da cui parto per cercare di comprendere quale possa essere stata la chiave che ha portato, in pochi de- cenni, un popolo povero e circondato da una natura ostile ad occupare oramai da diversi anni, le prime posizioni nelle statistiche dell’Indice di sviluppo umano 2 . Una tigre in Norvegia: la città contro la natura La statua della tigre che ruggisce - realizzata da Elena Engelsen e dal 2000 posta fuori dalla sta- zione ferroviaria di Oslo - è forse l’emblema di una città e una nazione che sta cambiando più veloce- mente di quanto vorrebbe. L’artista voleva rappre- sentare la vivacità e lo sviluppo della Tigerstaden, la città della tigre, il soprannome con cui oggi è co- nosciuta Oslo, ma a molti norvegesi il felino ricorda i versi scritti nel 1870 dal poeta Bjornstjerne Bjorn- son, premio Nobel nel 1903 e autore delle parole dell’inno norvegese, il quale contrapponeva l’imma- gine pericolosa, violenta e aggressiva della città a quella bucolica, pacifica e genuina della campa- gna 3 . Sicuramente ai turisti orientali che sempre più nu- merosi affollano la capitale norvegese, quella statua ricorderà le «tigri asiatiche», le quattro economie dell’Asia (Singapore, Taiwan, Hong Kong e Corea del Sud) che negli anni Novanta bruciavano le tappe dello sviluppo crescendo a dismisura sino a diventare il simbolo di quella riscossa asiatica che, più tardi, avrebbe trovato nella Cina la sua locomo- tiva. L’economia norvegese non viaggia quanto le tigri asiatiche (ormai anch’esse sedate) ma la crescita del Pil continua ad aggirarsi attorno ad un onore- vole 2% ed Oslo - con circa 700mila abitanti - è con- siderata la città che si espande più velocemente tra le capitali dell’Europa 4 . Definire la capitale della Norvegia una bella città è una forzatura e il paragone con le «colleghe» scan- dinave è impietoso: la sua storia è sempre stata of- fuscata dalle più regali Copenaghen e Stoccolma, i cui regni si sono succeduti pressochè ininterrotta- mente alla guida della Norvegia dal IX secolo al 1905, quando la nazione trovò la sua indipendenza. Città prettamente operaia e industriale, Oslo non ha certo la grazia di Bergen o il fascino dell’ art nou- veau di Alesund. Al contrario, la città, che riacqui- stò il nome originario solo nel 1925 abbandonando il toponimo di Christiania affibbiatole dal re di Dani- marca Cristiano IV, è sempre stata quella descritta, con un misto di sagacia e melanconia, da Luigi Di Ruscio, il poeta-operaio emigrato dall’Italia nel 1957 e morto ad Oslo nel 2011: «Poi ci sono i lunghi in- verni gelati con le giornate cortissime e le lunghis- sime notti, le nevi che persistono per mesi e alla A sinistra: un edificio del nuovo quartiere Barcode, a Oslo. A destra : una nave di crociera a Flåm, piccolo villaggio del Sognef- jord, il più lungo fiordo (oltre 200 chilometri) della Norvegia. D 36 MC GIUGNO2019 D D

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