Missioni Consolata - Aprile 2019

MC R APRILE2019 MC 67 zione della Banca Mondiale che si occupa dei dati dell’economia dello sviluppo, ammoniva lo scorso febbraio che «ci sono an- cora molti spazi vuoti sulla mappa dei dati a livello globale», e che «fino a pochi anni fa, 77 paesi an- cora non disponevano dei dati adeguati per misurare la povertà. Quel che è peggio è che spesso i dati sono più scarsi proprio nelle zone dove sarebbero disperata- mente necessari» @ . D’altro canto, da paesi che, come vedremo fra poco, non riescono a finanziare sanità e istruzione non ci si può aspettare che investano fondi per potenziare i propri isti- tuti nazionali di statistica. Questo significa che la coopera- zione è uno strumento eccessiva- mente fragile ed è meglio non contarci troppo? No, il contrario. Significa che va fatta a meglio. Con più risorse e anche più coor- dinamento. L’ Overseas Development Institute (Odi), centro di ricerca con sede a Londra, sottolineava lo scorso au- tunno che ci sono ancora 800 mi- lioni di persone in povertà estrema, ma il grosso dell’aiuto va ai paesi a medio reddito, non ai più poveri, perché in questi ultimi è più rischioso investire. Anche quando si tratta di aiuti @ . In un rapporto del settembre 2018 @ l’Odi individua 48 paesi nei quali l’aumento (stimato) del get- tito fiscale nei prossimi anni non arriverà comunque a coprire del tutto i costi per finanziare i tre settori chiave: istruzione, sanità e protezione sociale. Fra questi 48, il rapporto ne isola poi 29 in forte difficoltà economica (s everely fi- nancially challenged , in inglese): tutti africani tranne Afghanistan, Corea del Nord e Haiti. Si tratta di paesi che non riescono a coprire nemmeno la metà dei costi per far funzionare i tre settori. Se al- meno 33 dei 40 miliardi di dollari in aiuti che ora vanno a paesi già in grado di far fronte da soli ai quei costi venissero invece spo- stati su quei 29 Paesi più deboli, la spesa di questi ultimi per sanità, istruzione e protezione sociale sa- rebbe coperta. Inoltre, se tutti i paesi donatori destinassero come da accordi in- ternazionali lo 0,7% del loro Pil alla cooperazione, 184 miliardi di dollari all’anno in più sarebbero disponibili. Ipotizzando che anche solo metà di questi fossero utiliz- zati dai 48 paesi di cui sopra, tutti potrebbero far fronte al 94% dei costi per i tre ambiti cruciali. È ovvio che un aiuto efficace ri- chiede coordinamento, assun- zione (e mantenimento) di impe- gni a livello internazionale e, lo ri- petiamo, tempo per produrre e consolidare gli effetti. Le spinte in senso contrario Non è colpa solo di quell’arpia della Francia o dei malvagi cinesi. Le spinte in senso contrario allo sviluppo e alla riduzione della po- vertà sono forti e arrivano da molte direzioni. Honest ac- counts @ , un rapporto prodotto nel 2017 da un gruppo di Ong bri- tanniche e africane, rileva che nel 2015, a fronte di circa 162 miliardi di dollari ricevuti in prestiti, ri- messe dei migranti e aiuto allo sviluppo, l’Africa subsahariana ha visto uscire dal continente risorse per 203 miliardi. Il saldo, per gli stati a Sud del Sahara, è negativo di circa 40 miliardi. Come sono usciti questi soldi? At- traverso fatturazione irregolare e altri illeciti finanziari, rimpatrio dei profitti delle grandi aziende (realizzati sul continente africano ma poi riportati nei paesi dove le multinazionali hanno sede o nei paradisi fiscali), rimborso degli in- teressi sul debito e contrabbando di legno, prodotti ittici e piante o animali selvatici. A questo si ag- giungono i fondi che una man- ciata di milionari africani mettono al sicuro nei paradisi fiscali. Se- condo Gabriel Zucman, studioso della London School of Economics , nel 2014 gli africani ricchi detene- vano 500 miliardi di dollari in conti offshore. Questi denari non tassati provocano una perdita fi- scale per il continente di circa 15 miliardi. • Migranti | Aiuti allo sviluppo | Cooperazione | Obiettivi del millennio • A sinistra : deforestazione selvaggia in RD Congo grazie all’alleanza (certo non santa) tra multinazionali e politici locali. Qui : scuola di missione in Costa D’Avo- rio, spesso è il primo passo per lo svi- luppo di un serio sistema educativo. Pagina seguente : campo comunitario so- stenuto dal World food programme in Madagascar. Investimenti nell’agricol- tura sono essenziali per il miglioramento della qualità della vita. # © AfMC / Costa D’Avorio /aula scolastica

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