Missioni Consolata - Aprile 2019

zioni politiche a cui erano stati sottoposti per de- cenni. Tutti questi fronti si sono inizialmente co- alizzati nella sollevazione contro il regime, per poi dividersi e trasformarsi in rivali a guerra Nato terminata. A questo si sono aggiunte le già citate antiche conflittualità tra le qabile . L’islamismo politico, conservatore e vicino alle dottrine economiche neoliberiste, dal punto di vi- sta religioso ha sempre considerato Gheddafi una sorta di innovatore miscredente. I partiti islami- sti che hanno preso parte alle «primavere arabe» in Nord Africa e nel Medio Oriente, non sono «ri- voluzionari», a livello economico, ma sostenitori della dottrina capitalista neoliberista (Cfr. MC gennaio 2013). Lo stesso capo del Lifg ( Libyan Fighting Group ), Abdelhakim Belhaj, che ad ago- sto del 2011 guidò la presa di Tripoli, di cui poi si nominò governatore, nel giro di poco tempo, da ji- hadista è diventato un businessman milionario con aereo privato. Patrick Haimzadeh, ex diplomatico francese a Tripoli, scrive su « Le Monde Diplomatique » (otto- bre 2012): «I principali partiti non islamisti sono descritti come “liberali”, ma tutte le parti sono accanite sostenitrici del sistema economico neoli- berale. La più nota tra queste è la National forces alliance (Tahalouf al-quwwa al-wataniyya) gui- data da Mahmoud Jibril. Questo ricco uomo d’af- fari ha lavorato a stretto contatto con il figlio mi- nore del dittatore, Saif al-Islam Gheddafi, e ha aiutato a liberalizzare l’economia libica nei primi anni 2000, è stato un membro fondatore del Ntc insieme a Mustafa Abdel Jalil, ed è stato in con- tatto regolare durante la guerra civile con Sar- kozy e Bernard-Henri Lévy (lo scrittore francese che ha richiesto l’intervento occidentale). Altro partito, nella regione orientale, è il National front party (Hizb al-jabha al-wataniyya), un tempo noto come Fronte nazionale per la salvezza della Libia, fondato da Muhammad Yousef Megharief nel 1981, quando era in esilio nel Regno Unito». Jihadismo «infiltrato» L’islamismo jihadista ha infiltrato la rivolta fin dai primi giorni, trasformandola in «cambio di regime». Nello scambio di mail tra Hillary Clin- ton e Blumenthal viene spiegata qual è la realtà, svuotata dalla propaganda: i ribelli, presunti in- nocenti, nella Libia orientale comprendono ele- menti jihadisti, come il Lifg e al Qaida nel Magh- reb islamico (Aqmi), infiltrate nel consiglio nazio- nale di transizione. Dalle mail emerge che Sar- kozy era molto preoccupato per questi aspetti e voleva anche capire «il ruolo dei Fratelli Musul- mani nella leadership ribelle». Blumenthal spiega poi che le intelligence europee temevano che il nuovo governo potesse autorizzare l’Aqmi o altri gruppi islamisti a «creare piccole entità locali semi autonome o “Califfati” nelle regioni produt- trici di petrolio e gas della Libia sudorientale»: nel marzo del 2011, erano tutti, politici e intelli- gence, coscienti del grave rischio rappresentato dalla presenza dell’islamismo radicale e dal ter- rorismo, pronti a sfruttare il vuoto di potere che la guerra occidentale stava creando in Libia. Tut- tavia questa consapevolezza non li ha fatti arre- trare, anzi. Milizie jihadiste sono state rifornite di ogni mezzo militare possibile. Angela Lano APRILE2019 MC 49 D H ANNO FIRMATO QUESTO DOSSIER : • A NGELA L ANO - Giornalista professionista e ricerca- trice presso l’Università Federale di Bahia-Salvador e la Soas (School of Oriental and African Studies), University of London. Collabora da molti anni con MC. • A CURA DI : Marco Bello, giornalista redazione MC. • A RCHIVIO MC: Arturo Varvelli, Libia: caos post Ghed- dafi , novembre 2012. • F OTO DELLE COPERTINE In prima di copertina : un membro della Internal secu- rity mostra il segno di vittoria, a Tobruk il 24 febbraio 2011. In ultima di copertina : un ribelle abbraccia un compagno, reggendo la vecchia bandiera, a Ras Lanuf, il 7 marzo 2011. Gli Usa avevano aumentato gli aiuti in armi agli oppositori. Note (1) Ne scrive HishamMatar nel romanzo «Il Ritorno». (2) Pubblicate il 15 febbraio 2006 su un quotidiano danese. (3) Regno di Libia, post indipendenza, 1951. (4) US Department of State, H: France’s client and Q’s gold. Sid, 2 April 2011, C05779612. (5) House of Commons, Foreign Affairs Committee, Libya: examination of intervention and collapse and UK’s future policy options , third report of Session 2016-17. (6) Sito Common dreams (www.commondreams.org) «What Hillary new about Lybia», 13 gennaio 2016. (7) Sito Counterpunch (www.couterpunch.org) , Ellen Brown, Exposing the libyan agenda: a closer look at Hillary’s emails , 14 marzo 2016. Inoltre: Foreign Policy Journal (www.foreignpolicyjournal.com ), Brad Hoff, Hillary emails reveal true motive for Lybia intervention , 6 gennaio 2016. (8) Sito The new american, www.thenewamerican.com . (9) Ellen Brown, ibidem. N OTA REDAZIONALE Come scrive l’autrice nell’introduzione a questo dossier, tentare di ricostruire le cause e gli effetti del caso libico è tutt’altro che scontato. Per questo motivo il dossier approfondisce solo alcuni aspetti del processo che ha portato prima alla ribellione e poi all’intervento della Nato. Le questioni delle ri- serve petrolifere (tra le più grandi in Africa), del gas naturale (terzo stock sul continente), e dell’impor- tanza geostrategica del paese come centro di snodo del traffico di migranti verso l’Europa, sono qui ap- pena accennate. Come non sono trattati in queste pagine i fatti di attualità e le ripercussioni interna- zionali della situazione presente. Ci riserviamo dunque di ritornare su questi temi in futuri approfondimenti.

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