Missioni Consolata - Aprile 2019

Introduzione INTRICO LIBICO DI A NGELA L ANO T entare di ricostruire cause ed effetti, storici e attuali, del caos libico non è affatto facile né scontato: tanti sono gli attori e gli inte- ressi in gioco, quante le linee di analisi e le prospettive di lettura. Dal 2015 a oggi, nell’ambito di una ricerca accademica che stiamo svolgendo sulla rivolta in Libia del 2011, abbiamo incontrato decine di libici sia in Tunisia sia in Europa (per ragioni di si- curezza non ci siamo recati in Libia). Ognuno di essi ci ha fornito versioni e spiegazioni diverse del dramma libico: dalla questione delle qabile (tribù o gruppi etnici tradizionali - ndr ) e lotte interne, alle politiche del vecchio regime di Muammar Gheddafi, alle interferenze di agende esterne (occidentali e arabe), all’islamismo radicale. Ci sono quelli che vedono in Gheddafi e nel suo qua- rantennale regime la responsabilità del disastro, e altri che puntano il dito contro i piani neocoloniali occidentali, quelli volti a cambiare regime per acca- parrarsi le risorse e smontare i piani panafricani del Colonnello. C’è chi lo odia a morte e chi lo esalta. Chi ringrazia la Nato per l’aiuto alla rivolta (tramite i bombardamenti) e l’appoggio ai ribelli, e chi invece chiede l’apertura di un’inchiesta per crimini contro l’umanità nei confronti della stessa Nato, Usa, Fran- cia, Gran Bretagna. C’è chi vede nelle (contradditto- rie) politiche panafricane del Fratello Leader (sem- pre Gheddafi) e nei suoi progetti di dinaro d’oro afri- cano le vere ragioni del rovesciamento del regime. D opo anni di letture, incontri, interviste e ana- lisi di dati, siamo portati a credere a un’in- sieme di cause, interne ed esterne, sulle quali hanno prevalso, tuttavia, le agende occidentali per il cambio di regime. L’effetto evidente di tante e molteplici azioni è che il paese, da sviluppato e relativamente prospero nel- l’era gheddafiana, ora affonda sempre di più nella ti- rannide di milizie, gruppi criminali, qabile , partiti, formazioni islamiste dalle più violente alle «mode- rate», ciascuno con propri progetti e obiettivi che poco hanno a che fare con il bene comune dell’ex jamahiriyya (Al-Jam ā h ī riyyah al- ʿ Arabiyyah al-L ī biyyah, una sorta di «repubblica delle masse»). Alla fine, come molti degli intervistati hanno triste- mente ammesso, pare di poter dire che «si stava me- glio, quando si stava peggio», cioè quando c’era Gheddafi. 36 MC APRILE2019 D © Mahmud Turkia / AFP

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