Missioni Consolata - Marzo 2019

70 MC MARZO2019 Con il titolo «Santi Martiri Canadesi» vene- riamo un gruppo di otto missionari francesi (sei sacerdoti e due religiosi professi) della Compagnia di Gesù, uccisi nelle aree a cavallo dell’attuale confine tra Canada e Usa dagli in- digeni Irochesi mentre svolgevano il loro mini- stero presso gli Uroni tra il 1642 e il 1649. Questi i nomi dei martiri: fratel René Goupil (1608-1642); padre Isaac Jogues (1607-1646); fratel Jean de La Lande (1615-1646); padre Antoine Daniel (1601-1648); padre Jean de Brébeuf (1593-1649); padre Gabriel Lalemant (1610-1649); padre Charles Garnier (1605-1649); padre Noel Chabanel (1613-1649). Furono proclamati beati da papa Pio XI il 21 giugno 1925 e dichiarati santi dallo stesso pon- tefice il 29 giugno 1930. La loro memoria litur- gica è il 19 ottobre. Fu la devozione popolare a riunire in un unico gruppo gli otto missionari gesuiti martirizzati in quella che allora era chiamata la Nuova Francia (un territorio allora ancora larga- mente inesplorato) e a coniare per loro il nome di «martiri canadesi». La chiesa rispettò tale indicazione beatificandoli e canonizzandoli tutti insieme. Tuttavia, questa denominazione non sarebbe la più esatta dal momento che i confini fra Stati Uniti e Canada non corrispondono più a quelli del XVII secolo. René Goupil, Isaac Jo- gues e Jean de La Lande, infatti, subirono il martirio nell’attuale territorio statunitense mentre gli altri cinque in quello canadese. Di conseguenza, negli Stati Uniti la denomina- zione più diffusa è quella di «martiri nordame- ricani» e talvolta addirittura «martiri ameri- cani». Del resto, gli stessi testi liturgici della loro commemorazione parlano di «borealibus Americae regionibus» (regioni boreali dell’A- merica). Per conoscere meglio la loro storia abbiamo parlato con padre Jean de Brébeuf, nato in Normandia, Francia, nel 1593 e ucciso presso il Lago Huron in Canada nel 1649. 41. I Santi Martiri Canadesi 4 chiacchiere con « i Perdenti» di Mario Bandera Come mai tu e i tuoi giovani compagni gesuiti sceglieste di svolgere la vostra azione evange- lizzatrice proprio in Canada? Da seminaristi eravamo affascinati dai primi missio- nari che dopo aver vissuto per anni negli immensi territori del Nord America, ritornando in Europa, ci entusiasmavano con i loro racconti. Posti di fronte alla responsabilità del primo annuncio del Vangelo in terre sconosciute, pregando molto e facendoci coraggio l’un l’altro, chiedemmo ai nostri superiori di poter essere inviati nel continente americano. In quel territorio, che ai miei tempi era chiamato «Nuova Francia», come ardenti neofiti missionari volevamo portare la Buona Notizia del Vangelo ai popoli nativi. Eravate coscienti dei pericoli ai quali andavate incontro, stabilendovi fra tribù indigene spesso in lotta fra di loro? È vero che alcuni di voi ave- vano lucidamente previsto, e in coscienza ac- cettato, la probabile prospettiva del martirio? È vero. Io stesso avevo fatto voto di non tirarmi in- dietro davanti al martirio. Fin dall’inizio eravamo preparati e attenti per annunziare il Vangelo nel pieno rispetto della cultura delle tribù locali: Algon- chini, Uroni, Irochesi e altre. Una volta stabiliti in Nordamerica, incominciammo a vivere con loro, imparando le loro lingue, i loro usi e costumi, dando testimonianza del vivere cristiano nella quotidianità di ogni giorno. Non esitammo un solo momento a mettere a rischio la nostra stessa vita per portare avanti questo compito che ci era stato assegnato. Era mio desiderio «farmi tutto a tutti per guadagnarli a Gesù Cristo», come dice san Paolo, conquistando il loro cuore. Ero più che mai convinto che Gesù Cristo fosse la nostra vera grandezza. Perciò nel seguire quei po- poli, dovevamo cercare solo Lui e la Sua Croce. Per- ché se avessimo cercato qualcos’altro, avremmo trovato solo afflizioni fisiche e spirituali. Ma se hai trovato Gesù Cristo e la Sua Croce, allora hai tro- vato le rose nelle spine, la dolcezza nell’amarezza, il tutto nel nulla. Ma la tua prima esperienza in quelle terre fu breve. Arrivai in quello che oggi è il Canada, nel 1625. Avevo 32 anni. Dopo un breve periodo di «appren- distato» con gli Algonchini, mi mandarono tra gli Uroni, che da tempo avevano buone relazioni con i francesi con i quali avevano intensi scambi commer- ciali. Rimasi con loro fino al 1629 imparando la loro lin- gua e costumi. Fu un periodo di grande impegno.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=