Missioni Consolata - Marzo 2019

46 MC MARZO2019 D D Storia degli ideogrammi cinesi L e tre più antiche forme di scrittura del mondo sono: i caratteri cuneiformi dei Sumeri, i geroglifici degli egiziani e gli ideogrammi dei cinesi. Fra le tre, solo gli ideogrammi sono ancora in vita ed in uso. Gli ideogrammi sono anche caratterizzati da uno stretto le- game con i pittogrammi. Ogni forma di scrittura ha avuto origine da forme pittografiche. La scrittura cinese conserva la sua peculiare originalità perché non si è mai diretta verso una trascrizione fonetica come invece è accaduto con le lingue occidentali. I l 1949 è l’anno di fondazione della Repubblica popo- lare cinese. Solo nel 1956 fu ufficialmente stabilito che il 普通话 ( pǔtōnghuà = lingua comune) sarebbe stato l’idioma nazionale. Nell’epoca delle dinastie, la «lingua comune» era patrimonio esclusivo di chi posse- deva gradi di istruzione elevata ed apparteneva alle classi privilegiate. Nel 1911, anno di fondazione della Repubblica Na- zionalista di Sun Yat-Sen, la lingua nazionale era ancora solo il 国语 ( guóyǔ = lingua nazionale, cinese mandarino meno classicheggiante rispetto alla lingua 官话 guānhuà = la lingua dei funzionari ammini- strativi dell’epoca imperiale) , una lingua più vicina al 白话 báihuà = il vernacolare, la lingua collo- quiale dialogica dell’epoca impe- riale che veniva trascritta nelle opere minori, non nella stesura dei 经 jìng , i libri dei classici . Questa lingua 白话( = báihuà ), la lingua chiara ( 白 = bái = chiaro, bianco), era la lingua del dialogo «caratterizzato dalla bianca chiarezza», non rap- presentava ancora la lingua parlata dalla popolazione, che - per la maggior parte - si esprimeva in forme dialet- tali. O ccorre dunque attendere il 1956 per assistere alla riforma della lingua che prevede l’adozione di un sistema di traslitterazione fondato sull’alfa- beto latino detto 拼音 ( = pinyin , letteralmente significa «annotazione piana di suoni»). Il pinyin è attuale si- stema di traslitterazione degli ideogrammi, si compone di 26 lettere che vanno combinate e danno vita a circa 400 sillabe. Le 400 sillabe del pinyin sono la base per la lettura fone- tica degli oltre 40.000 ideogrammi cinesi attualmente presenti nel Dizionario Kangxi . Oggi, la soglia di alfabe- tizzazione minima della popolazione ci- nese si posiziona sulla conoscenza di al- meno 2000 caratteri/ideogrammi. Si può chiaramente comprendere che le 400 sil- labe tonali del pinyin non trovano corri- spondenza univoca negli oltre 40.000 ideogrammi e nelle loro combinazioni: si tratta appunto, di un sistema convenzio- nale di note fonetiche che «si appog- giano» sugli ideogrammi per supportare l’occhio occidentale nella lettura. Ma la conoscenza degli ideogrammi e la loro memorizzazione, il loro inscindibile le- game con la scrittura, ha un’altra storia. Vi.P. (Continua sul sito della rivista) A destra: una chiesa cattolica nella capitale Pechino (le croci ci sono). In alto: il Kangxi, il dizionario degli ideogrammi cinesi. Dal colonialismo occidentale all’invasione nipponica Kaifeng, 8 dicembre 1938. Siamo alla fine dell’anno in cui l’armata giapponese ha fatto la sua marcia verso la città. In quello stesso anno Sogabe e Mi- kami, membri dell’intelligence giapponese, stanno violentando l’intera Cina. Iniziano il loro dominio a livello giuridico e amministrativo con l’imposizione di un controllo sugli abitanti di Kaifeng per verifi- care quanti ebrei ci fossero nella comunità con un censimento giustificato da «ragioni di sicurezza» nei confronti di un popolo che, in Occidente, era stato designato come «pericoloso nemico» dal nazi- smo. Quale occasione migliore di seduttiva compli- cità con la Germania per la politica giapponese: la sicurezza diviene il pretesto per legittimare l’inva- sione del «Paese di mezzo». Fino ad allora, gli ebrei non erano mai stati perse- guitati in Cina. L’antisemitismo era sconosciuto an- che al Giappone. Furono i nazisti a disprezzare gli asiatici perché inferiori alla razza ariana. Il pro- getto nipponico aveva il principale obiettivo di im- padronirsi delle risorse naturali cinesi, necessarie per lo sviluppo della propria industria. Il panasiati- smo nipponico fu un progetto alternativo al colo- nialismo occidentale in Cina. Dal versante occidentale si aggiunse la real politik nazista che imponeva agli stati amici l’applicazione delle leggi razziali e le pratiche di sterminio. La scommessa con l’ hate speech panasiatico del Giap- pone, complice della Germania di Hitler, divenne la base più sicura, il tavolo su cui negoziare la posta in gioco: dare legittimità al potere del Mănzhōuguó , lo stato fantoccio della Manciuria, per deporre defini- tivamente la dinastia Qing e distruggere la Repub- blica popolare nascente. Proprio non si poteva im- maginare nulla di più facile per i nipponici. Nel 1938 era passato un solo anno dal massacro di Nanchino. Nel ’37, oltre 300mila civili erano stati trucidati, oltre 20mila donne violentate. Non bastò

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