Missioni Consolata - Marzo 2019

MARZO 2019 MC 39 D altissimo livello, anche se manca la fiducia politica reciproca. È giunta l’ora, ormai, in cui anche l’Europa, l’Italia, l’Occidente distratto imparino a farsi delle do- mande sui protagonisti di questo scenario Cina- Giappone, in una prospettiva tutt’altro che lineare, attenti all’attualità dei processi, e non semplice- mente alla cronologia di fatti. Perché l’Occidente possa pensare il futuro delle relazioni con la Cina, però, occorre che ripensi a quelle passate. Partire dai proverbi Il chengyu è un’espressione proverbiale idiomatica composta di quattro ideogrammi. Nel chengyu , che usa la metafora e che può apparire linguaggio criptico, c’è sempre un significato pratico. Il chengyu cinese 安不忘危 ( Ān bù wàng wéi ) «Vi può essere pace solo se non ci si dimentica dei pe- ricoli»,può essere una utile chiave di lettura degli scenari che si aprono nel 2019 per le relazioni tra Cina ed Occidente. La pace va conquistata. Non è scontata, non è un regalo dell’Impero Celeste o una concessione dell’Occidente: per custodirla è simo nel grande «Paese di mezzo», non bastava evangelizzare secondo i metodi tradizionali di missione. Ben presto avrebbe dovuto imparare a «stare» dentro l’im- pero celeste, conoscere le tradizioni, i riti. Solo risiedendo stabilmente in Cina, sarebbe stato possibile il dialogo con una tradizione di simboli e di ideogrammi che non si possono semplicemente scomporre, ma che si devono comprendere per aprire il pensiero di volta in volta a sintesi più alte, nella traduzione. Matteo Ricci morì a Pechino nel 1610. Vi.P. Un altro missionario gesuita in Cina Martino Martini G esuita, storico, scienziato, cartografo, Martino Mar- tini ( 卫匡国 = Wèi Kuāng Guó), nato a Trento nel 1614, fu un volto di pace, consapevole del rischio che una mancata conciliazione tra Cina e Occidente avrebbe potuto avere. Dopo gli studi nella sua città natale, entrò nella Compagnia di Gesù. Fu lui stesso che chiese ai suoi superiori di essere inviato come missionario in Cina. Nel 1640 avvenne il suo primo ingresso in Cina, a Macao. Successivamente fu a Nanchino e ad Hangzhou. Fu il primo che compilò una grammatica cinese secondo canoni occi- dentali. Il suo ingresso nell’Impero Celeste coincise con il passaggio fra le due dinastie, Ming e Qing. Al suo arrivo in Cina, trovò una situazione complessa. La capitale della di- nastia Ming, Pechino, era caduta nelle mani dei ribelli di Li Zecheng. Il malcontento era causato dalle malattie (tra cui il vaiolo) e altre piaghe economiche (aumento delle tasse) di cui soffriva il mondo delle campagne. Ci furono poi i Manciù che invasero il paese fino alla pro- vincia di Zhejiang. Martini venne riconosciuto come «dot- tore della Legge divina, proveniente dal Grande Occi- dente» anche durante l’assedio della futura dinastia Qing. L’opera di Martini che difese la pratica dei riti e il culto de- gli antenati fu la Brevis Relatio de Numero et Qualítate Christianorum apud Sinas (Bruxelles 1654), indirizzata alla Sacra Congregazione De Propaganda Fide. Il missionario fu richiamato a Roma nel 1651 nella veste di delegato delle missioni superiori cinesi. Il suo viaggio fu lungo: attraversò le Filippine, presentò le sue informazioni all’imperatore del Sacro Romano Impero Ferdinando III d’Asburgo prima di giungere a Roma, nel 1655. N ella storia della Chiesa, il 1645 fu l’anno che segnò l’inizio della «controversia dei riti», il cui esito fu l’immediata condanna del papa Innocenzo X, dopo la denuncia di Juan Bautista Morales, domenicano. L’or- dine di Sant’Ignazio, cui Martini apparteneva, cercò di porre riparo a questa controversia sortita con una denun- cia proprio con il lavoro missionario di Martini che con- vinse il successore di Innocenzo X, Alessandro VII, della giustezza delle tesi e dei percorsi di missione in Cina da parte dell’ordine dei gesuiti. Purtroppo la testimonianza di Martini che ritornò poi in Cina, ad Hangzhou (dove nel 1661 morì) non bastò a spegnere la controversia che di- venne una diatriba per interessi di fede, tecnico-scientifici, economici. Ancora cinquant’anni dopo la questione divise l’imperatore cinese Kangxi (1654-1722) e il papa Clemente XI (1649-1721) che continuò a sostenere la linea dura dei domenicani e dei suoi predecessori. A questa situazione, si aggiunse come aggravante l’interesse del re francese Luigi XIV alla questione dei riti. Il re inviò missionari gesuiti fran- cesi fra cui il vicario apostolico Maigrot del Fujian. La Fran- cia aveva colto la decadenza del Portogallo nelle rotte commerciali e la controversia teologica potè facilmente di- ventare espediente per la disputa pubblica che si allargò anche alle missioni straniere. All’interno dello stesso ordine, i gesuiti dovettero difen- dersi dall’accusa di eresia e di idolatria poiché sostene- vano il dialogo con il confucianesimo cinese. Vi.P. A sinistra : il gesuita Matteo Ricci (Li Madou), missionario di Macerata. A destra : il gesuita Martino Martini, missionario di Trento. D Il CIELO SOPRA PECHINO

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