Missioni Consolata - Marzo 2019

Kenya diocesi di Marsabit, al Nord, dove c’è bisogno di un sacerdote. Dopo 29 anni, nell’ottobre del 2001, diventerà vescovo della na- scente diocesi di Maralal, stac- cata da quella di Marsabit. La popolazione, ancora oggi, è composta da pastori semino- madi: «Samburu, Turkana, qual- che Pokot», ci dice. «Nei centri più grossi, sugli altopiani dove si può fare un po’ di agricoltura, la gente è stanziale. Mentre nelle zone più basse si muove nella sa- vana seguendo le piogge». La diocesi si estende su un terri- torio di 21mila km 2 (come il Ve- neto e la Valle d’Aosta messi in- sieme). Conta 260-280mila abi- tanti, di cui 60-70mila cattolici. «Il resto sono protestanti, pochi mu- sulmani. Quasi l’80% sono Sam- buru, quasi il 20% Turkana, il re- sto Pokot, Kikuyu, Meru, Luo e qualche commerciante somalo». Uno stile semplice e profondo Parla molto, mons. Virgilio, ma senza parole di troppo o troppo di circostanza. Il tono è gioviale, spesso ironico. Quando entra nel nostro ufficio per l’intervista, fa finta di essere lui a domandare a noi se possiamo dedicargli un po’ di tempo, e ci chiede il permesso. Indossa una polo nera sulla quale spicca un crocefisso color acciaio appeso a una semplice catenella. Il missionario della Consolata non ha difficoltà a parlare di sé e della missione che il Signore gli ha affi- dato 40 anni fa, e lo fa con la stessa semplicità comunicata dal suo aspetto: facendo trasparire la profondità della sua esperienza attraverso immagini quotidiane che riguardano pastori, mercati, studenti, polvere. Una realtà pre- cisa, una realtà salvata. Ha barba e capelli bianchi che fanno da cornice a un volto dai tratti marcati e dalla pelle scurita dal sole. Le rughe dei suoi 72 anni agli angoli degli occhi sono un fa- scio di linee che fanno conver- gere il nostro sguardo sul suo: az- zurro e intenso. L’arrivo in Kenya Appena arrivato in Kenya, nel 1972, padre Virgilio compra una moto. «Di seconda mano», ci tiene a sottolineare, e, dopo sei mesi a Nyeri, parte per il Nord, per un mese di vacanza nella dio- cesi di Marsabit, tra Samburu, Turkana, Borana. «Ho visto le gi- raffe, i guerrieri, gli elefanti. Quando sono tornato indietro, in- namorato del Nord, il superiore, padre Pietro Baudena, viene a Nyeri a trovarmi e dice: “Tu l’hai fatta grossa, da solo con la moto, nel deserto… Ti devo dare un ca- stigo: adesso torna lassù e stacci”». Mons. Pante, sorride: «Bel castigo, eh? Nel Marsabit c’era padre Giuseppe Inverardi. Era stato spostato al santuario della Consolata a Nairobi, e il ve- scovo di Marsabit, mons. Caval- lera, voleva un sostituto. Padre Baudena ha continuato: “Ab- biamo sentito parlare di un certo Pante, che è andato su da solo, in moto, eccetera, che è tornato in- tero… e allora sono venuto a chiederti la tua disponibilità”». Padre Virgilio arriva nella diocesi di Marsabit nel marzo del ‘73: «Sono andato al Nord per una monellata!», conclude sornione. Marsabit-Londra e ritorno Il modo di mons. Pante di raccon- tare la sua biografia ha qualcosa di biblico, somigliante a un rac- conto dei patriarchi. I dati di

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