Missioni Consolata - Gennaio / Febbraio 2019

Di nuovo in dodici (At 1,15-26) Cosa fanno i discepoli appena rispediti nel mondo? Può stupirci, ma iniziano prima di tutto a recuperare le proprie radici. Innanzitutto si tro- vano nel cenacolo, ossia là dove avevano cele- brato l’ultima cena con Gesù. Con loro ci sono la madre e i fratelli di lui (At 1,13-14): è chiaro che tutto rimanda a colui che sembra assente. E poi ricostituiscono il numero dei dodici. Dodici ri- mandava al numero dei patriarchi, alle dodici tribù d’Israele. Giuda non c’è più, ma il numero non va perso. È un rimando importante alla sto- ria che c’è alle loro spalle, a quello che noi chia- miamo tempo dell’Antico Testamento. Tutto è nuovo, ma non dimentica le proprie radici. È poi curioso come procedano a scegliere il dodicesimo: selezionano chi è stato testimone della vicenda di Gesù (At 1,21-22), e ne trovano due. Uno dei due ha una bella presentazione, più ampia («Giuseppe, detto Barsabba, soprannomi- nato Giusto»), l’altro ha solo il nome, Mattia. Tra questi si tira a sorte. Era il modo con cui in Israele si affidava la scelta a Dio. Ancora una volta si ricorre a modalità «antiche», tradizionali, che stanno alle spalle, per impostare il nuovo che va costruito. E Dio, stranamente (ma come ha già fatto tante volte nell’Antico Testamento), sceglie colui che potevamo ritenere svantag- giato. Fin dall’inizio, si tratta di collaborare noi con Dio per costruire il nuovo che abbiamo da- vanti senza dimenticare ciò da cui veniamo. Angelo Fracchia (1 - continua) 32 MC GENNAIO-FEBBRAIO 2019 Una Chiesa in uscita I niziamo in queste pagine la collaborazione con Angelo Fracchia che ci accompagnerà alla scoperta del libro degli Atti degli Apostoli, il li- bro della missione. Ecco come lui stesso si presenta: «Ci vuole coraggio per subentrare a un mae- stro come don Paolo Farinella nel tentativo di far conoscere e affascinare ai testi biblici. Coraggio, o incoscienza. Più probabilmente la seconda. Forse la stessa incoscienza che si mette in campo nel far crescere un figlio, avventura per la quale, a pensarci, non possiamo che dirci inca- paci (nel mio caso, poi, quell’incoscienza si è ripe- tuta quattro volte). O l’incoscienza che ci vuole nel pronunciare un per sempre , quale che esso sia. Potrebbe essere l’incoscienza di chi ama. Che quindi si apre semplicemente in un grazie , nel mio caso a don Paolo, a padre Gigi che - inco- sciente anche lui - mi ha chiamato a questa bella avventura. Che lo Spirito mi aiuti a dire di lui cose rette, come Giobbe (Gb 42,7), rimproverato per la sua incoscienza ma lodato per come di Dio si era fidato, anche quando se ne lamentava». Chi è Angelo Fracchia? Padre di quattro figli, amante della musica, ha studiato all’Istituto biblico di Roma e collaborato come traduttore con l’editrice Paideia. Guadagna il pane quotidiano per sé e la sua numerosa fami- glia facendo l’insegnante di religione in due scuole superiori a Saluzzo e Dronero nella provin- cia di Cuneo. Ma la sua vera passione e missione è far conoscere e amare la Parola di Dio. Perché gli Atti degli Apostoli? Uno degli inviti pressanti di papa Francesco a tutta la Chiesa è quello di essere «una Chiesa in uscita». Il libro degli Atti, continuazione del cam- mino di Gesù nella storia dell’umanità attraverso la sua Chiesa, non è certo un semplice libro di storia, ma è piuttosto una fonte di ispirazione, un paradigma di vita. Il mandato degli Apostoli di- venta allora il nostro mandato. Il loro stile di dare la bella testimonianza di Gesù è ispirazione e mo- dello per noi. Non per ripetere quello che gli apo- stoli hanno fatto, ma per acquisire il loro stesso spirito e imparare e riconoscere l’azione dello Spirito nel nostro oggi. © AfMC / Gigi Anataloni

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