Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

Le spese inutili Un esame altrettanto rigoroso an- drebbe svolto sul lato delle uscite per individuare spese inutili e dan- nose. E tanto per sgombrare il ter- reno da un altro luogo comune al- trettanto diffuso, va detto che la cassa pensionistica che finanzia le pensioni dei lavoratori (l’ Inps ), in Italia non è in passivo, ma in attivo di ben 14 miliardi all’anno (205 mi- liardi di uscite a fronte di 219 mi- liardi di entrate nel 2016, come da bilancio dell’istituto). Gli sprechi, che senz’altro ci sono, vanno ricer- cati altrove. Nella corruzione ad esempio, che ogni anno provoca uscite indebite per 50 miliardi. Op- pure nelle grandi opere total- mente inutili e deturpanti per l’ambiente. Per non parlare delle spese militari di tipo aggressivo contrarie all’articolo 11 della Co- stituzione. O dei soldi buttati nei salvataggi delle banche gestite in maniera scriteriata. O, peggio an- cora, dei soldi persi nelle scom- messe fatte con le grandi banche internazionali sull’andamento dei tassi di interesse. Fra il 2013 e il 2016 per questo genere di scom- messe, lo stato italiano ha perso 18 miliardi di euro. Per i livelli raggiunti, il debito pub- blico italiano preoccupa tutti, ma non per le stesse ragioni. Tre le principali posizioni esistenti. La prima è dell’Unione europea, preoccupata per i destini del- l’euro, che chiede rigore per con- quistarsi la fiducia dei mercati fi- nanziari. La seconda è del mondo imprenditoriale italiano, preoccu- pato per la sopravvivenza delle proprie aziende, che chiede un ap- proccio più elastico per garantire più spesa. La terza è dei difensori dei poveri, preoccupati per l’im- patto sociale, che chiede un’uscita dal debito facendo pagare i più ric- chi. Nella prossima puntata, esa- mineremo più in dettaglio le tre posizioni, ma intanto conviene soffermarci sulle conseguenze del debito. Le conseguenze del debito Il debito ha tre gravi conseguenze sociali: crea povertà, aggrava le di- suguaglianze e provoca disoccupa- zione. Produce povertà per l’au- mento delle tasse e il taglio dei sui redditi più alti. E se nel 1983 gli scaglioni erano già diventati 9, col più alto al 65% oltre i 258mila euro, nel 2016 li troviamo a 5 col più alto al 43% oltre i 75mila euro. E per confrontare meglio lo scena- rio di oggi con quello di 40 anni fa, conviene ragionare su somme uniformate da un punto di vista del potere d’acquisto. Ebbene, su uno stipendio equivalente ai 25mila euro di oggi, nel 1974 l’Ir- pef si sarebbe preso il 12%, oggi se ne prende il 24%, praticamente il doppio. Viceversa, su un red- dito equivalente a un milione di euro di oggi, nel 1974 l’Irpef si sarebbe preso il 45%, oggi se ne prende il 42%. E poi uno si me- raviglia per l’acuirsi delle disu- guaglianze. Purtroppo la lista dei favori fatti alle classi più agiate non si limita alla manomissione degli sca- glioni dell’Irpef, ma si estende a molti altri ambiti facilmente indi- viduabili, ma difficilmente quan- tificabili. In ogni caso si può dire che una via attraverso la quale è stato garantito un alto gettito fi- scale sulle spalle dei più poveri è quella delle imposte indirette (ad esempio, l’Iva), che dal 1982 al 2016 hanno visto aumentare la propria pressione del 6,1%, pas- sando dall’8,1% al 14,4% del Pil. Il lotto e il gioco d’azzardo ci hanno messo del loro per fare crescere il gettito delle imposte indirette, ma il ruolo principale l’ha svolto l’Iva, l’imposta sui consumi che rappre- senta il 60% dell’intero gettito in- diretto. Lo dimostra l’andamento dell’aliquota ordinaria che è pas- sata dal 18% nel 1982 al 22% nel 2016. Un aumento odioso pagato principalmente dalle categorie più povere che per definizione consu- mano tutto ciò che guadagnano. E sullo sfondo di un sistema fiscale sempre più iniquo, destinato a farsi ancora peggiore se passerà l’ipotesi della «flat tax», c’è la piaga dell’ evasione fiscale che, se- condo il rapporto 2018 della Com- missione presieduta da Enrico Gio- vannini, ammonta a 110 miliardi all’anno. Una perdita enorme che, se fosse recuperata, permette- rebbe di gestire agevolmente il nostro debito pubblico. Ma la si vuole veramente recuperare? E la chiamano economia 66 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2018 dovuta non alla bizzarria dei parla- mentari, ma al rispetto dell’arti- colo 53 della Costituzione che espressamente recita: « Il sistema tributario è informato a criteri di progressività ». Purtroppo non passò molto tempo e già si comin- ciò a picconare la progressività ri- ducendo gli scaglioni e le aliquote

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