Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

MC A città 160 km a Sud. Padre Diego Cazzolato (il veterano del nostro gruppo) e io abbiamo vissuto per vari mesi in un appartamentino di 45 m 2 mentre seguivamo la costruzione della nuova casa. Ma a fine anno, dopo neanche tre mesi di vita nella nuova casa, sono stato trasferito a Tongdu- chon con padre Tamrat (Defar, etiope). La cosa in realtà si è poi rivelata molto provvidenziale. Ci siamo molto aiutati e sostenuti a vicenda nella pastorale dei lavo- ratori stranieri. Ci sono stati mo- menti in cui dicevamo: «Beh, noi non siamo poi così speciali, ma il Signore sta radunando intorno a noi tanta brava gente che fa tanto buon lavoro. Il Signore ci sta usando come catalizzatori per la missione». Durante quei 3 anni insieme abbiamo sviluppato la «pastorale della pastasciutta». Con la scusa della cucina italiana abbiamo invitato a casa ogni tipo di persone, e in un ambiente caldo e familiare abbiamo par- lato di problemi pastorali, di reli- gione e di ogni altra cosa con preti, suore, cattolici, prote- stanti, non cristiani, nigeriani, fi- lippini, latinos e coreani. E poi qualche sabato pomeriggio, Tamrat e io camminavamo in- sieme per un’ora fino a una montagna vicina, prendevamo una frittata e una brocca di vino di riso, e poi tornavamo a piedi, parlando di tutto. E adesso bisogna proprio che vi parli della messa. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono detto: «Ma cosa faccio qui? Vale la pena stare qui o fare questa vita? Sono utile a qualcosa?», oppure: «Dai, impacchetta tutto e torna a casa». Solo la messa mi ha aiutato, giorno per giorno, a trovare forza e soprattutto signi- ficato per andare avanti in que- sta missione. Ecco, questi sono alcuni ricordi «a caso» dei miei primi 25 anni in Corea, ma il ricordo più impor- tante è: «Se il Signore non fosse stato con noi, tutto quello che siamo e facciamo ora, sarebbe stato impossibile». Giovanni Paolo Lamberto poveri che avevano bisogno di essere aiutati con lo studio per uscire dalla povertà. Quando la società si è arricchita è arrivata la generazione del «rifugio»: ragazzini che magari scappavano di casa per con- flitti familiari, ma ancora capaci di ascoltare l’auto- rità e di farsi aiutare. Solo cercavano un rifugio ( shelter in inglese) dove poter stare. Adesso c’è la generazione del «telefonino»: per loro è importante solo il momento presente. Per- ché studiare o sforzarsi di migliorare? Vivo adesso e il mio orizzonte è quello che posso godere in que- sto momento. Sì, questa è l’emergenza, ma non è lontanissima dal sentire del giovane medio. I giovani coreani amano lo sport: il baseball, lo sport più popolare, riempie gli stadi. Vanno alla grande le bands di teenagers che cantano e bal- lano, per non parlare delle telenovelas e dei film locali. Questi cantanti e attori sono popolarissimi anche nel resto dell’Asia, tanto che è stata coniata una nuova parola: Hallyu , cioè l’onda culturale co- reana che si spande per l’Asia. E non dimenti- chiamo il karaoke (qui si chiama norepang ), uno dei divertimenti più popolari in Corea. In questo momento quello che corrisponde alle nostre piz- zerie sono i ristorantini di pollo fritto e birra, sem- pre pieni di giovani universitari. I n Italia tutti sono orgogliosi di sfoggiare la tin- tarella. Le ragazze coreane invece no. La sfida è essere più bianche delle altre. E allora quando splende il sole tutte in giro con l’ombrellino o un cappello a larghissime tese. E poi creme sbiancanti e creme antisolari. La bellezza qua è un valore im- portante, quindi le vedrete sempre truccate in modo impeccabile. Dal resto dell’Asia vengono in Corea per comperare i cosmetici locali che sono molto rinomati. E non parliamo della chirurgia pla- stica: molte volte il regalo dei 18 anni o per aver passato l’esame di ammissione all’università è pro- prio un ritocchino al naso, al mento o agli occhi. E in Chiesa? Purtroppo adesso sembra di essere in Europa: i giovani sono molto rari. Fino al 2000 non era così. Ma poi la denatalità (che è più alta di quella italiana: 9 nati ogni mille abitanti in Italia; solo 8 in Corea), il benessere, o forse «la notte della cultura occidentale» sono ar- rivate anche qui. Sta di fatto che dal 2000 le vocazioni religiose, una volta abbondanti, sono crollate drammaticamente, e anche quelle per il sacerdozio dioce- sano stanno mostrando segni di crisi. Ma mai disperare, i coreani possono essere tutto e il contra- rio di tutto, questo popolo ha fatto stupire il mondo in più di una cir- costanza, e sono sicuro che i nostri giovani ci stupiranno nuovamente. G.P.L. AGOSTO-SETTEMBRE 2018 MC 63

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