Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

di terrore. In realtà tutti noi viviamo immersi nella radioattività. Continuamente. In ogni luogo del mondo. Occorre, quindi, distinguere tra radiazione naturale e radiazione artificiale individuando an- che, oltre alla tipologia di radiazione emessa dai singoli componenti, anche la quantità. Le centrali nucleari producono materiali radioat- tivi, ma non sono le sole sorgenti di scorie prodotte dalle attività umane. Limitandoci quindi ai soli reattori in funzione a scopo civile, i rifiuti consi- derati radioattivi si dividono in tre categorie : L LW ( Low-Level Radioactive Waste , rifiuti radioat- tivi a basso tasso di radioattività), I LW ( Interme- diate-Level Radioactive Waste , rifiuti a medio tasso di radioattività) e H LW ( High-Level Radioactive Wa- ste , rifiuti ad alto tasso di radioattività). Mentre i L LW costituiscono il 90% del volume totale e non danno particolari problemi di smaltimento, i I LW e i H LW sono quelli su cui si innestano i principali e più accesi dibattiti tra chi osteggia e chi, invece, propugna la scelta nucleare. Le scorie H LW am- montano al 3% dell’intera gamma di rifiuti prodotti da una centrale e all’interno di questa sezione ven- gono classificati anche i combustibili spenti, le barre di uranio che hanno terminato il loro ciclo vi- tale all’interno del reattore e che, quindi, posseg- gono una radioattività molto elevata. Il combusti- bile spento costituisce lo 0,2% del totale dei rifiuti radioattivi, pari a circa 34.000 m 3 annui e di questi circa il 20-25% viene inviato ai cicli di riprocessa- mento 36 . Il resto viene trattato con un metodo chiamato vetrificazione. I L LW sono stoccati in depositi superficiali a causa della loro (relativa) bassa pericolosità, mentre i I LW e gli H LW devono essere conservati per anni (da decine a migliaia, a seconda del livello di ra- dioattività emanato) in luoghi geologicamente si- curi e sotterranei facendo levitare in modo sostan- ziale i costi del ciclo vitale di una centrale atomica. Per poter essere maneggiati con sufficiente sicu- rezza, i rifiuti H LW vengono lasciati in depositi temporanei; il combustibile esausto è mantenuto in media per 5 anni nelle piscine di stoccaggio; du- rante questo periodo il materiale perde il 90% della sua radioattività. Prima di essere inviato ai centri di riprocessamento, però, le scorie nucleari vengono separate secondo i loro componenti. La composizione media del combustibile esausto con- tiene il 93,4% di uranio-238, lo 0,71% di uranio-235, 5,15% di prodotti di fissione e 1,3% di plutonio 37 . Appare chiaro che, oltre alla pericolosità intrin- seca delle scorie, vi è anche il rischio (spesso reale, come abbiamo già scritto) che parte del plutonio generato come scarto di produzione possa essere utilizzato nel campo militare per la costruzione di ordigni nucleari. Dopo alcune decine di anni, i rifiuti di tipo H LW possono essere classificati come I LW , ma la ra- dioattività di tali scorie torna a livelli originari solo dopo migliaia di anni. Rifiuti a basso e medio livello di emissione radioattiva che hanno un emivita 38 di 30 anni, possono essere depositati in depositi su- perficiali o in grotte poco pro- fonde e se, per questo tipo di ri- fiuti, alcuni siti sono già operativi, molto più dibattuta è la scelta delle aree da destinare alla conservazione dei rifiuti H LW 39 . Il deposito del monte Yucca, nel Nevada, che avrebbe dovuto accogliere 70.000 ton- nellate di H LW , è stato definitivamente bocciato nel 2010 dopo 32 anni di verifiche, sopralluoghi, pro- getti, mentre i siti di Onkalo, in Finlandia, e di For- smark la cui operatività permetterebbe di conte- nere combustibile esausto a 450 metri di profon- dità sono in fase di ultimazione 40,41 . Il nucleare in Italia In paesi come l’Italia, dove per due volte si è re- spinta la possibilità di dotare il paese di un piano energetico che comprendesse anche il nucleare, il problema del trattamento e deposito delle scorie è oggi il principale tema sul quale si dibatte il tema dell’atomo. Attualmente vi sono cinque i reattori nucleari in funzione, tutti a scopo di ricerca: tre sono gestiti dall’ Enea («Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile»), uno dall’università di Palermo e uno dal Laboratorio energia nucleare applicata dell’u- niversità di Pavia 42 . Le quattro centrali costruite tra gli anni Sessanta e Settanta - Latina, Garigliano (Caserta), Trino Vercellese (Vercelli) e Caorso (Piacenza) - sono in corso di disattivazione assieme agli impianti speri- mentali di riprocessamento di combustibile nu- cleare di Eurex e Itrec, all’impianto di plutonio del- l’Enea a Casaccia (Roma) e al reattore Essor del Centro comune di ricerche (Ccr) di Ispra (Varese). Tutte queste attività hanno generato rifiuti ra- dioattivi a cui si aggiungono annualmente nuove scorie nucleari provenienti dalle attività mediche e dai ciclotroni per la produzione di radiofarmaci. Oggi sono centinaia i centri nel nostro paese che conservano rifiuti radioattivi (la maggior parte provenienti da attività mediche), mentre 19 sono le strutture principali da cui le scorie verranno tra- sferite per confluire in un deposito nazionale la cui individuazione geografica non è ancora stata de- cisa 43 . Questa incredibile lacuna (la gestione delle scorie dovrebbe essere una delle priorità che ac- compagnano un progetto energetico nazionale che includa il nucleare) dimostra la miopia e la legge- rezza con cui la classe politica italiana del passato ha trattato il programma energetico, le cui conse- guenze - sia economiche che sociali - oggi pa- ghiamo a caro prezzo. Il futuro del nucleare Alla luce di quanto scritto, che futuro avrà il nu- cleare nel panorama energetico mondiale? Con lo sviluppo delle energie rinnovabili, i forti in- centivi che vengono offerti a chi fa ricerca nel campo e a chi opta per installare impianti e, so- prattutto, la paura di un ennesimo incidente, il nu- cleare potrebbe non essere in grado di competere. D AGOSTO-SETTEMBRE2018 MC 47 D

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