Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

reno fruttuoso per germogliare con abbondanza, e solo così Samuele può ascoltare un’altra parola di accompagnamento: «Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta!». Perché il discepolo possa ascol- tare, è indispensabile che il maestro/la guida sappia riconoscere che sia il Signore a chiamare e non sia un’illusione a ingannare. In una vocazione, occorrono due discernimenti, una del chiamato e uno della guida: se fallisce uno dei due, si annulla tutto e si creano adepti, gregari, ma mai discepoli e «con-vocati» per la profezia. La prima comunicazione, infatti, che Samuele riceve non riguarda la sua persona, ma la comunità d’I- sraele. Dio gli confida quello che è in procinto di fare al suo popolo e Samuele ne sarà parte inte- grante perché tramite. Chiamato per… andare. Attualizzazioni sapienziali Ognuno di noi immagini, per un momento, di es- sere Samuele. • Posso verificare nel corso della mia vita le volte che mi sono sentito chiamare «per nome»? • Sono in grado di individuare «i luoghi» materiali (i posti) dove ciò è avvenuto? • Cosa è accaduto? • Quali segni ha lasciato dopo? • Ho verificato con qualcuno di fiducia quanto mi è successo? • La mia guida è stata come Eli o si è intromessa in modo indebito? • Al sentire il «nome», sono corso o mi sono girato dall’altra parte? In appena 8 versetti ricorrono 48 verbi (6 per ogni versetto): una ricorrenza impressionante, tutti ine- renti la comunicazione (chiamare, rispondere, dire, parlare, ascoltare, udire) e le modalità di attuazione (correre, dormire, comprendere, stare accanto). • Se dovessi sintetizzare la mia vita in uno di questi 48 verbi, quale scelgo come sigillo esistenziale? • Se dovessi sintetizzare la mia vita di relazione con il Signore, con quale verbo lo identificherei? • Se dovessi sintetizzare la mia vita di relazione o di servizio quale verbo sceglierei come stemma em- blematico? Ho mai pensato alla preghiera come vocazione di vita «ordinaria» e cioè strumento di trasformazione del vivere quotidiano in «sacrificium laudis» (Sal 50/49,23), nel senso di dono senza condizioni nel lavoro, in famiglia, per strada, ovunque io sia? Op- pure ho relegato la preghiera a «tempi» riservati, contingentati (Ufficio, Liturgia, ecc.) e a «luoghi» speciali (monasteri, conventi, ecc.). Nel mio rap- porto con Dio, offro le primizie o gli scarti? Se dovessi fare un parallelo con Samuele, la sua esperienza e il suo comportamento, posso indicare le differenze e le somiglianze? Quali prevalgono e perché? Se dovessi fare un confronto tra il compor- tamento di Eli, il maestro/la guida (il padre o madre spirituale) e il mio come guida/ accompagnatore/ trice, quali differenze sottolineo? Se potessi tor- nare indietro, cosa cambierei nel mio modo di «gui- dare» le persone nel discernimento della loro vita? Solo alla terza volta, Eli, che era uomo di Dio, capì che il Signore «chiamava» Samuele e mentre gl’in- dicava la via, si ritrasse in disparte per lasciare spa- zio a Dio e a Samuele. Posso dire, in buona co- scienza, come genitore, superiore, insegnante, edu- catore, mediatore, catechista, prete, autorità, poli- tico, amministratore, di non avere prevaricato sulla libertà di chi chiedeva il mio sostegno? Oggi, alla luce del mio passato, della mia storia, delle mie esperienze, posso dire di essere sempre pronto/a a correre dietro la «voce» che chiama e di dire «Eccomi!». Il Paràclito, sorgente della Chiesa, c’insegni a «com- portarci in maniera degna della chiamata che ab- biamo ricevuto» (Ef 4,1), consapevoli di essere stati «chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia» (2Tm 1,9). È un cambio di prospettiva, anzi un capovolgimento di mentalità: è la metànoia del Regno di Dio, quella che riguarda l’essere e la vita, non il comportamento, l’usanza o, peggio, le apparenze. Paolo Farinella, prete [La Preghiera, continua-17] 34 MC AGOSTO-SETTEMBRE 2018 Insegnaci a pregare © AfMC / Benedetto Bellesi

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