Missioni Consolata - Agosto/Settembre 2018

AGOSTO-SETTEMBRE2018 MC 33 MC R come le altre volte: “Samuele, Samuele!”. Samuele ri- spose subito: “Parla, perché il tuo servo ti ascolta”. 11 Al- lora il Signore disse a Samuele: “Ecco, io sto per fare in Israele una cosa che risuonerà negli orecchi di chiunque l’udrà”» (1Sam 3,4-11). Nota esegetica. Il profeta Samuele opera tra il 1075 e il 1035 a.C. (qual- cuno lo colloca anche un secolo dopo), fu lacerato tra la monarchia e l’anti monarchia, tra il ritorno allo stile no- made delle origini, rappresentato dal suo maestro Eli, e la vita agricola e sedentaria piena di tentazioni di sicu- rezza e violenza. Egli vive la sua vocazione come lacera- zione, sacrificio di dover sempre scegliere tra due oppo- sti: la politica quotidiana e la mistica. Egli, nonostante la lacerazione interiore non separò mai i due aspetti, ma ne visse la fatica quotidiana, affrontandola con lo stru- mento del discernimento. Questo è il compito della preghiera: illimpidire lo sguardo dell’orante perché possa vedere con verità gli eventi della storia e valutarli nella libertà della propria coscienza. Nota metodologica. Dopo avere letto il testo una volta, per capirne il senso, e poi riletto una seconda volta più lentamente per af- ferrarne l’intensità, occorre rileggere per la terza volta, molto lentamente, facendo corrispondere più che sia possibile la lettura con il respiro e nel frattempo, con la fantasia, trovare all’interno del testo il proprio «dove». Questa Parola è per me, adesso e qui. • Dove sono io? • Dove mi piacerebbe essere nel testo da protagonista? • Mi sento più Dio che chiama? Se sì, perché? • Mi sento Samuele, il chiamato? Perché? • O Eli, il maestro e testimone, presente-assente, che guida e non si sostituisce, che indica e non determina il cammino del discepolo né si fa interprete di Dio? Dopo avere riletto per la quarta volta il testo contando solo i verbi, quale di questi è più corrispondente al mio stato attuale? «Il Signore chiamò: “Samuele!” ed egli rispose: “Eccomi”» La scena è discreta, non eclatante. Solo una voce che pronuncia un «nome». C’è qualcuno che chiama e, se nessuno risponde, quella chiamata è vuota. Nella Bibbia il «nome» indica sempre la na- tura di chi lo porta e la sua proiezione futura. Il nome di «Samuele» è da solo un programma di vita: Shemù-èl /il suo nome è Dio per questo può ri- spondere con prontezza: «Eccomi!» (alla lettera, sia in ebraico sia in greco: «Guarda/vedi», Eccomi qua!). Non basta che uno si senta chiamato, deve essere il Signore a chiamare e quando ciò accade occorre «già» avere un nome predisposto. Stare pronti perché il Signore può chiamare è parte inte- grante della vigilanza di cui è intriso l’intero van- gelo e ciò può avvenire solo se ogni giorno si vive in perenne stato di «Eccomi!». Chi è chiamato non s’improvvisa, ma si prepara. «Il Signore chiamò: “Samuele!” ed egli rispose: “Ec- comi”, 5 Poi corse da Eli e gli disse: “Mi hai chiamato, ec- comi!”. Egli rispose: “Non ti ho chiamato, torna a dor- mire!”. Tornò e si mise a dormire». La scena si ripete tre volte con lo stesso schema: A. Il Signore chiama:  “Samuele!”. B. Samuele risponde  “Eccomi!”. C. Samuele corre da Eli A’. Mi hai chiamato,  “Eccomi!”. B’. “Non ti ho chiamato,  torna a dormire!”. C’. Tornò e si mise a dormire. La prima annotazione da sottolineare è che la chia- mata non è chiara, ma spesso è oscura, confusa. Anzi, non è evidente, ma si può confondere Dio con Eli. Per evitare qualsiasi confusione, c’è la chiave del v.7: «In realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore». Per discernere oc- corre, nell’ordine: conoscere il Signore ed essere stati oggetto di rivelazione della sua Parola. La co- noscenza qui può essere intesa anche come fre- quentazione, assiduità, consuetudine. Samuele vive nel tempio del Signore, ma deve ancora avere gli strumenti della conoscenza che lentamente Eli gli procura in quanto maestro e testimone. Al risuo- nare del suo nome, comunque, Samuele «corre» verso chi conosce e di cui si fida. C’è sempre qual- cuno o qualcuna che ci fa da specchio per capire le nostre stesse parole, i nostri sentimenti, le nostre interpretazioni. Sul piano della fede nessuno può essere autodidatta, ma tutti siamo discepoli di qualcun altro, se questo qualcuno è come Eli che si mantiene a debita distanza dall’azione di Dio e dalla risposta di Samuele. Eli non è un genitore/su- periore/vescovo/insegnante/educatore sostitutivo, ma applica alla lettera quello che Giovanni il Bat- tezzante dirà mille anni dopo: «È necessario che lui cresca e io diminuisca» (Gv 2,30). Solo così c’è spazio e ritmo perché la Parola del Si- gnore, in apparenza confusa, possa riposare sul ter-

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