Missioni Consolata - Aprile 2018

sviluppo dei paesi membri e, in Italia, attraverso la Cassa depositi e prestiti - come garanzia per la ri- duzione del rischio negli investi- menti. Il fatto che la Commissione si accolli una parte del rischio, in sostanza, dovrebbe incoraggiare le imprese europee a investire dove da sole non andrebbero pro- prio a causa del rischio troppo elevato. Il secondo pilastro è l’ as- sistenza tecnica messa a disposi- zione di enti, piccole e medie im- prese e cooperative locali per for- mulare progetti sostenibili; il terzo pilastro, infine, è il dialogo con i paesi partner destinatari de- gli interventi per rimuovere gli im- pedimenti - di tipo burocratico le- gislativo, le regole d’origine, ecce- tera - che ostacolano gli investi- menti nel paese. Sulla base di precedenti espe- rienze di blending - cioè di inter- venti che combinano sovvenzioni e prestiti - la Commissione ha quantificato in 44 miliardi entro il 2020 l’ammontare degli investi- menti che potrebbero generarsi grazie al Pie, decuplicando così l’investimento iniziale. Se, poi, i paesi membri «rilanciassero», raddoppiando con fondi propri i 4,1 miliardi della Commissione, l’effetto di leva finanziaria rad- doppierebbe a sua volta, gene- rando investimenti per un valore di 88 miliardi. Cooperando… © Gigi An aloni Accanto a speranze e aspettative, il Pie sta suscitando anche alcune perplessità . Una l’ha manifestata il ministro Calenda dal palco del- l’Auditorium, sottolineando che per l’accordo sui migranti con la Turchia l’Ue ha speso quasi la stessa cifra che ora si destina a un continente intero. Inoltre, non è chiaro a quali im- prese in Europa, e quindi in Italia, è rivolto il Piano e quanto spazio questo garantisca per promuo- vere gli investimenti delle piccole e medie imprese (Pmi). Il respon- sabile di Assoafrica e Mediterra- neo di Confindustria, Pier Luigi d’Agata, ha affermato che se il Piano vuole rappresentare un’oc- casione di investimento per le Pmi italiane sarebbe opportuno che si orientasse a sostenere anche in- vestimenti nell’ordine dei cento- mila euro, importo più vicino alle possibilità di questo tipo di im- prese, e non soltanto interventi da milioni di euro. Il coinvolgi- mento delle Pmi, ha continuato d’Agata, permetterebbe di valo- rizzare quello che anche Calenda aveva identificato alla Conferenza come uno dei principali punti di forza del modello imprenditoriale italiano, cioè il settore manifattu- riero. Rispetto a questo punto Manservisi ha risposto che non crede che il Pie sarà in grado di garantire progetti da centomila euro, mentre sarà possibile creare un sistema di fondi di garanzia che permetta l’accesso a prestiti anche inferiori a quella cifra «per avviare attività economiche e pro- duttive legate a un sistema dise- gnato dalle nostre imprese». Infine, a dimostrazione che le vec- chie barriere ideologiche fra Ong e imprese sono state abbattute e che le regole da applicare nel nuovo campo da gioco comune sono in fase di definizione, Giam- paolo Silvestri della Fondazione Avsi ha sottolineato che le Ong e la società civile non possono es- sere relegati al semplice ruolo di cani da guardia, ma devono es- sere coinvolte in ogni fase del pro- cesso anche nel caso della messa in opera del Pie. Il valore aggiunto che una Ong può dare, ha detto Silvestri, de- riva dal suo essere radicata in un contesto, dove ha una trama di relazioni con il territorio e con le autorità locali e conosce i benefi- ciari. Un «patrimonio di fiducia fondamentale» per una piccola o media impresa che vuole investire in Africa, perché permette di ac- celerare processi che altrimenti sarebbero molto più lunghi. Chiara Giovetti @ Su rivistamissioniconsolata.it tro- vate i link ai siti, testi e documenti a cui l’articolo rimanda. Il Convegno e la Conferenza sono visibili su Rad io radicale.

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