Missioni Consolata - Aprile 2018

glie che conosciamo, quando i giovani ci raccon- tano che la mamma o il papà bevono e che, se sono fortunati, quando tornano a casa non par- lano con nessuno, se non lo sono, quando tornano a casa sono violenti. L’alcol è un bugiardo: ti fa credere che hai tu il controllo, che puoi decidere tu quando smettere di bere, e invece non è così. Mi ricordo di un gio- vane con il quale ho parlato un po’ di tempo fa. Gli dicevo: «Sei mal messo, devi fare qualcosa. Tutti i tuoi amici e familiari parlano di te. Devi smetterla di bere, devi chiedere aiuto». Lui mi ha risposto: «No, no, vedrai che non mi capiterà mai più». Era un mercoledì, poi ha bevuto da giovedì fino a do- menica, quando abbiamo dovuto metterlo in un centro per poterlo veramente aiutare. Lui non mi diceva delle bugie, era veramente con- vinto di farcela. Invece è caduto di nuovo per quattro giorni di seguito. «Se apro una bottiglia, devo finirla» Parlavo con un giovane swazi riguardo questa si- tuazione dell’alcol. Lui mi diceva: «Sai qual è il no- stro problema? Quando abbiamo una bottiglia, dobbiamo finirla. Che sia birra o vino o qualcosa di più forte, non siamo capaci di prenderne un bic- chiere e poi dire basta. Se apro la bottiglia, devo finirla». 46 MC APRILE2018 D A lcol è sinonimo di festa, di gioia, ma anche di stordimento: si beve per divertirsi e si beve per dimenticare la difficoltà di sopravvivere. Così anche l’Africa paga il suo contributo al dio Bacco: là dove la povertà non permette di com- prare bevande alcoliche «controllate», se ne pro- ducono in modo artigianale con notevoli rischi per la salute. Il mercato illegale dell’alcol, nel quale sono frequenti la contraffazione e la sofisticazione, fiorisce tanto più quanto minore è la disponibilità economica dei consumatori. I sistemi sanitari africani sono generalmente molto carenti e spesso a pagamento. La popolazione, na- turalmente, ne subisce le conseguenze: grande in- cidenza di malattie dell’infanzia, alti rischi per la donna gravida e per quella che allatta, anziani e disabili costretti a vivere in condizioni molto dure. In questo quadro, l’alcol dà il suo contributo au- mentando la diffusione di malattie del fegato (e non solo), la denutrizione e soprattutto il degrado della persona umana, che nei casi di alcolismo cro- nico si concretizza in situazioni di marginalità e ab- bandono, talora anche da parte dei famigliari. Il pericolo dell’alcol artigianale La nostra esperienza in Congo Rd, a Kinshasa, nel 2015, ci ha messi di fronte a una società nella quale molte persone vivono ogni giorno una batta- glia per giungere a sera. Molti, e tra essi tanti gio- vani, trovano nell’alcol la medicina che per qual- che ora permette loro di estraniarsi dalla miseria, dall’abbandono e dalla desolazione in cui versano. Per le stradine del quartiere nel quale eravamo ospiti dei missionari della Consolata, vedevamo ta- volini su cui venivano proposte in vendita bottiglie di alcol artigianale. Abbiamo voluto comprarne al- cuni campioni per farli analizzare in Italia e capire così cosa beve la popolazione che non ha i soldi per acquistare la birra o altre bevande alcoliche nei negozi. Una volta tornati dal Congo, li abbiamo portati a un laboratorio di analisi e ne è venuto fuori un quadro preoccupante: su sei campioni analizzati, ben quattro avevano un tasso alcolico superiore al 34% (come un nostro superalcolico), in più in essi erano presenti quantità considerevoli di sostanze tossiche (forse provenienti dalla falda acquifera) come rame e zinco. L’esperienza di due medici italiani SPUNTI DALL’AFRICA © Alfredo Felletti

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