Missioni Consolata - Aprile 2018

Osservazioni oranti Notiamo l’ostinazione del verbo « disse » (10 volte) cui corrisponde il «ritmo del tempo», declamato come un ritornello responsoriale: « e fu sera e fu mattina: giorno primo, secondo, ecc. » (6 volte). Verbo e ritmo emergono da un contesto negativo che è la non-forma della terra, la quale per giunta è deserta, aggravata dall’oppressione dell’abisso. Un senso di oppressione avvolge tutto, stemperato da uno spiraglio lontano perché in questo vuoto, do- minato dal buio totale, aleggia (alla lettera: cova ) il «soffio- ruàch » in attesa dello scoppio del primo « Disse ». È la Parola che rompe il vuoto abissale e s’impone. Non solo, ma a ogni «disse» corrispondono un or- dine e una esecuzione: Dio crea parlando e parla creando. L’azione più importante che segue è una costante opera di «separazione/distinzione»: la luce dalle tenebre, il firmamento dal mare, la terra ferma dal mare, il giorno dalla notte. Poi segue un processo di fecondità « secondo la propria specie » (per 5 volte). Ci fermiamo qui, per motivi di spazio per riprendere nella prossima puntata lo stesso testo. Ora tiriamo qualche conclusione. 1. Se provo un senso di vuoto o d’inutilità, penso che sono nella condizione per una «ricrea- zione» della mia vita? Mi rendo conto che «il soffio -ruàch di Dio» alleggia su di me, «mi sta covando»? 2. Cosa impedisce in me l’esplosione del «Disse» di Dio? 3. Per chiamare le cose che crea con il proprio nome, Dio prima deve fare opera di separa- zione. Ogni separazione comporta sempre tagli e distinzione. So che per mettere ordine nella mia vita devo «buttare tutto all’aria» e poi co- minciare «con disciplina e ordine» a catalogare scelte, azioni, sentimenti, progetti, decisioni «secondo la propria specie»? 4. La mia vita è simile a una biblioteca, dove i libri non possono stare alla rinfusa, ma secondo uno schedario ordinato e praticabile. Posso contare le volte che ho messo «ordine» nella mia vita? Con quale risultato? Coloro con i quali mi rap- porto, possono trovare in me con facilità «il vo- lume» che interessa loro o si trovano disorien- tati? In che modo posso essere strumento del «disse Dio» se io non ne ho coscienza? 5. Posso vivere alla rinfusa, o devo avere un ritmo costante e rigoroso? (1° - 2° - 3°… giorno… e fu sera e fu mattino?). So distinguere la sera dal mattino? Cosa vuol dire per me: «Separare la luce dalle tenebre»? 6. Chiamo tutto ciò che riguarda la mia vita «per nome»? Oppure vivo alla giornata per forza d’i- nerzia? 7. Se vivo per forza d’inerzia o per abitudine, come posso essere fecondo/a «secondo la mia spe- cie»? Mi sono mai chiesto quale sia «la mia specie»? 8. Mi sperimento come «immagine» di Dio e capi- sco cosa significa? Se sono «immagine», penso mai che la credibilità di Chi rappresento passa attraverso la mia vita, le mie scelte, il mio com- portamento? Si può proseguire così, ritornando sul testo, rimugi- nandolo, ruminandolo , senza prendere alcuna deci- sione, ma facendo danzare nel proprio cuore i sen- timenti e le intuizioni che la Parola di Dio ha susci- tato. Scegliere un verbo del testo o una espressione che più si è insinuata «dentro» e ripeterla nella giornata, cercando di capire dove si colloca nel pro- prio intimo: è la «chiave» tra un tempo di preghiera e l’altro. Così tutta la vita si prepara a sentire risuo- nare la Parola in modo perenne: «Disse Dio» e ora «Dice a me», qui. Un accorgimento: trascrivere le parole o i versetti che si sono percepiti come più importanti e portar- seli dietro, leggendoli durante la giornata in modo veloce, senza ansia, come il respiro di un Amen. Ciò che importa è sorseggiare lentamente tutta la Pa- rola di Dio, parola per parola, mangiandola fino a gustarne la dolcezza, come fece il profeta Ezechiele che mangiò il libro e sperimentò il gusto del miele (Ez 3,1-3). Paolo Farinella, prete [La Preghiera, 13 - continua] 34 MC APRILE2018 Insegnaci a pregare © Gigi Anataloni

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