Missioni Consolata - Aprile 2018

APRILE2018 MC 23 MC A (segue a pagina 26) niano, affermava, ha il diritto di produrre energia nucleare a scopi pacifici, come avviene in altri paesi del mondo. Il presidente batteva su questo tasto e la gente condivi- deva le sue argomentazioni. Con un senso di orgoglio nazionale si pensava: se gli altri sì, perché non noi. Inoltre, erano allettanti le pro- messe di avere un’energia elettrica quasi a costo zero grazie al nu- cleare. Tuttavia, quando comincia- rono ad arrivare le sanzioni e a peggiorare i rapporti commerciali con l’estero, quando il prezzo del dollaro cominciò a salire e l’infla- zione a galoppare, deprimendo pe- santemente la loro già precaria economia domestica, gli iraniani capirono che il costo da pagare era troppo alto, tanto più per qualcosa di cui non si sentiva così bisogno. Per questo motivo, quando la pre- sidenza Rouhani nel 2013 inaugurò un nuovo corso, quello del dialogo, il sostegno popolare fu ampissimo. Un esito positivo dei negoziati avrebbe fatto ripartire l’economia e restituito un futuro a tante fami- glie in difficoltà. Così, almeno, si credeva. Questa grande speranza convi- veva, però, con il grande timore che i negoziati finissero in nulla. Si sapeva, infatti, che incontravano una forte opposizione all’interno dell’apparato del regime, tanto che molti ne davano per scontato il fallimento. La Guida suprema Ali Khamenei aveva a più riprese messo in guardia contro l’inaffida- bilità dei negoziatori occidentali, soprattutto degli Stati Uniti, da cui niente di buono poteva arrivare. Del tutto contrarie ai negoziati erano le «Guardie (guardiani, pa- sdaran ) della rivoluzione», qui co- munemente dette Sepah 2 , alle cui tasche aveva fatto bene il regime sanzionatorio. Le sanzioni, infatti, non interrompono il commercio di una nazione con gli altri paesi, ma impediscono che si sviluppi in ma- niera naturale, coinvolgendo, cioè, tutto il corpo sociale, il settore pri- vato, come quello pubblico, il pic- colo imprenditore, come la grande impresa; quindi, ne alterano la na- tura, privandolo della sua parte «sana» e lasciandolo nelle mani di chi è così potente da aggirarle e operare nell’ombra. Le sanzioni nei confronti dell’Iran hanno impove- rito le persone normali e arricchito le organizzazioni che apparten- gono allo «Stato profondo», innan- zitutto i Sepah e i Basij (un corpo paramilitare formato da volontari), che da loro dipendono. I Sepah sono uno stato nello stato, rispon- dono solo alla Guida suprema e operano, quindi, al di fuori dei nor- mali meccanismi di controllo dello stato, in una zona grigia, inarriva- bile, intoccabile. In un mercato bloccato dalle sanzioni, essi hanno continuato a vendere e importare attraverso canali terzi, ottenendo una sorta di monopolio per i propri affari. Le sanzioni, dunque, non fanno che aumentare la poca tra- sparenza di un sistema economico già di per sé opaco per vizio d’ori- gine 3 . L’accordo sul nucleare e la fine delle sanzioni Considerata l’opposizione di forze così potenti, grandi furono la sor- presa e la soddisfazione della gente alla notizia che si era final- mente approdati a un accordo sul nucleare (14 luglio 2015): sem- brava di avere vinto una battaglia, non tanto contro un nemico esterno, ma contro il regime in- terno. Ci furono manifestazioni pubbliche di tripudio. Negli anni l’accordo aveva finito per assu- mere un significato eccezionale, era considerato la panacea per le moribonde finanze del paese. Ci si aspettava una rapida ripresa dalla stagnazione. In realtà non è stato così. La ri- presa dei rapporti commerciali con • Islam | Sciiti | Sunniti | Teocrazia •

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