Missioni Consolata - Marzo 2018

32. Carlos Paez: scelte estreme per la vita MARZO2018 MC 77 4 chiacchiere con « i Perdenti» di Mario Bandera Era il 13 ottobre 1972. L’aereo sul quale viag- giava la squadra di rugby uruguayana degli Old Christians Club si schiantò sulle Ande ar- gentine. A bordo, oltre alla squadra che si re- cava in Cile per una partita amichevole, c’e- rano anche allenatori, parenti e amici, 45 per- sone in tutto. Diciotto morirono subito, altre undici persero la vita pochi giorni dopo a causa delle ferite e del freddo. Sedici soprav- vissero, ma furono ritrovati solo il 22 dicembre dopo una lunga sospensione delle ricerche. Il 23 ottobre infatti le autorità le interruppero dando per sicura, dopo 10 giorni in condizioni estreme, la morte degli eventuali scampati al- l’incidente. La salvezza per i sopravvissuti arrivò grazie alla tenacia di alcuni di loro che si avventura- rono nel freddo giù per il pendio fino all’incon- tro con un uomo che poi diede l’allarme per far ripartire i soccorsi, e anche grazie a una scelta estrema che dovettero fare per non morire di fame. Ce ne parla quello che allora era il più giovane tra i giocatori della squadra, Carlos Paez. ( Avvertenza: come sempre in questa rubrica, il dialogo con Carlos Paez, che oggi ha 64 anni, è im- maginario, compilato sulla base delle conoscenze che si hanno degli eventi ) Carlitos, se non sbaglio, l’aereo sul quale tu viaggiavi con la tua squadra e alcuni famigliari e amici era un aereo militare, come mai? «Negli anni Settanta l’aeronautica militare uru- guayana per incrementare i propri introiti, dava in affitto alcuni dei propri aeroplani ed equipaggi per operare voli charter su diverse rotte nel Sudame- rica. Il nostro era il numero 571, decollato la mat- tina del 12 ottobre 1972 dall’aeroporto «Carrasco» di Montevideo, in Uruguay, diretto all’aeroporto «Arturo Merino Benitez» di Santiago del Cile. A bordo si trovava l’intera squadra di rugby degli Old Christians Club del Collegio Universitario «Stella Maris» di Montevideo. Stavamo andando in Cile con allenatori, parenti e amici a disputare un incon- tro amichevole. L’aereo era un Fokker Fairchild FH- 227D, pilotato dal tenente colonnello Dante Héctor Lagurara, sotto la supervisione del colonnello Julio César Ferradas». Il tempo però non era dei migliori per volare. «La nebbia fitta e le perturbazioni di quelle ore co- strinsero l’aereo ad atterrare in serata all’aeroporto «El Plumerillo» di Mendoza, città argentina in cui pernottammo. I regolamenti aeronautici argentini vietavano agli aerei militari stranieri di rimanere più di 24 ore sul territorio nazionale, sicché il giorno dopo ripar- timmo. Di tornare a Montevideo non se ne parlava. Primo perché, in caso di ritorno, l’aviazione avrebbe dovuto rimborsare i biglietti, secondo perché gli stessi passeggeri non volevano annullare la tournée della squadra in Cile. Per questi motivi, ed essendo le condizioni del tempo cattive ma non tempestose, dopo aver consultato altri piloti provenienti dal Cile, fu presa la decisione di proseguire verso la destina- zione». Come avvenne l’incidente? «La rotta di volo del Fokker era stabilita a 8.540 me- tri, un’altezza che non permetteva di attraversare con sufficiente sicurezza la catena delle Ande, che in quel tratto raggiungono altezze superiori ai 6.000 # In queste pagine : l’aereo caduto sulla Cordigliera delle Ande tra Ar- gentina e Cile circondato dai superstiti in una foto scattata dai soc- corritori arrivati oltre due mesi dopo l’incidente.

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