Missioni Consolata - Marzo 2018

bustibile e sono diventati per l’83% legna da ardere e per il 17% carbone vegetale. Quest’ultimo è dunque è quantificabile 351 mi- lioni di metri cubi, pari a in 52 mi- lioni di tonnellate, di cui 32 milioni prodotti nella sola Africa @ . Per farsi un’idea delle proporzioni può essere utile un confronto con i volumi italiani: nel 2016 una nota del Crea (Consiglio per la ri- cerca nell’agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) riportava che i boschi italiani contengono «oltre 1,2 miliardi di metri cubi di legno, con un aumento annuale di massa legnosa di oltre 36 milioni di metri cubi. Di questi ogni anno vengono tagliati oltre 10 milioni di metri cubi» @ . Sempre i dati Fao indicano che an- cora oggi quasi due miliardi e mezzo di persone sul pianeta ri- corrono a legna e carbone per cu- cinare: un terzo della popolazione mondiale. In Africa subsahariana, il dato sale di parecchio: a contare su queste fonti di energia è il 90% della popolazione. Sostengono il trend, in crescita, della produ- zione e del consumo principal- mente due fattori: l’aumento de- mografico e la rapida urbanizza- zione. In Tanzania, ad esempio, l’85% della popolazione urbana utilizza carbone sia per cucinare che per la fornitura di energia a piccole e medie imprese: secondo uno stu- dio del 2007 citato nel rapporto Fao, alla fine del secolo scorso la sola città di Dar es Salaam, il cen- Cooperando… tro urbano più grande del paese, era responsabile del consumo di metà del carbone a livello nazio- nale. Quanto al volume economico dell’industria del carbone vege- tale in Africa subsahariana, nel 2011 le proiezioni di Afrea - il pro- gramma della Banca mondiale fi- nanziato dai Paesi Bassi che si oc- cupa di studiare le energie rinno- vabili in Africa - indicavano in 8 miliardi di dollari il valore del set- tore per il 2007 e ipotizzavano per il 2030 lo sfondamento della so- glia dei 12 miliardi, con un totale di 12 milioni di persone impiegate nella produzione, vendita e distri- buzione del carbone. Unep, l’agenzia Onu per l’Am- biente, propone invece altri dati, partendo dal valore ufficiale della produzione di carbone (dati 2012) e usando prezzi variabili da 200 dollari per tonnellata sul mercato locale (cioè 5 dollari per un sacco da 25 chili) a 800 dollari per ton- nellata sul mercato internazio- nale. Con queste premesse Unep arriva ad assegnare al settore un valore economico compreso fra i 9,2 e i 24,5 miliardi di dollari. Per fornire il polso della situa- zione a livello dei singoli paesi, il rapporto Fao riporta ad esempio che in Tanzania il settore del car- bone vegetale contribuisce all’e- conomia nazionale per circa 650 milioni di dollari (pari a circa il 2,2% del Pil) mentre in Kenya il va- lore più che raddoppia toccando 1,6 miliardi (1,2% del Pil). Carbone e vita quotidiana Guardando al quotidiano delle vite delle persone, la popolarità del carbone è facile da spiegare. Dal lato di chi lo compra, è la fonte di energia più conveniente: brucia più a lungo e produce più calore della legna, è più leggero e per questo più facile da traspor- tare e può essere conservato più a lungo, senza rischiare di marcire o di essere danneggiato dagli in- setti. Dal lato di chi lo produce e vende, data l’abbondante domanda, è una fonte di reddito piuttosto si- cura. Standard Digital , uno dei principali quotidiani keniani, rac- conta la storia di Sipporah Ke- munto, che vende carbone a Kisii, nel Kenya occidentale. Sipporah ha iniziato vent’anni fa con 200 scellini (circa 2 euro al cambio di oggi) prestati da un’amica, con i quali ha comprato il suo primo sacco di carbone. «Con quell’u- nico sacco sono riuscita a vendere dieci barattoli di carbone il primo giorno: molto al di sopra delle mie aspettative». Oggi la signora Ke- munto vende un sacco a 1.100 scellini, per un guadagno fra i 500 e i 550 scellini, in un paese dove la paga giornaliera per un addetto alle pulizie, ad esempio, è di 622 scellini a Nairobi e 349 scellini in aree non urbane. Il suo lavoro l’ha costretta a molti sacrifici, come quello di svegliarsi prestissimo la mattina per fare il giro dei risto- ranti suoi clienti e fornire loro il carbone, o quello di lavorare in © The Seed / Pamela Adinda

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